“Le persiane verdi” di Georges Simenon
Scritto da Georges Simenon in undici giorni, tra il 16 e il 27 gennaio del 1950, all’indomani della nascita del figlio, “Le persiane verdi” (Adelphi, pag. 208, euro 19) racconta la storia di Émile Maugin, attore teatrale e cinematografico nel pieno del suo successo.
Maugin ha un carattere duro, rude e profondamente tormentato. Vive con la giovanissima Alice, ex comparsa cinematografica, e con la figlia Baba, che lei ha avuto pochi anni prima da un giovane che non l’ha voluta riconoscere. Perché Maugin è così: un colosso costretto a sostenere tutti i problemi del mondo che gli ruota intorno. E se adora la piccola Baba, non esita a mostrare astio nei confronti del giovane Cadot, suo figlio illegittimo, dal quale riceve costanti richieste di denaro per la sua numerosa famiglia e per la moglie ammalata. Il peso della celebrità è duro da portare e Maugin, a cinquantanove anni, ha un cuore affaticato che ne dimostra venti in più, una dipendenza da vino e superalcolici e un passato di povertà ed espedienti, non tutti leciti, per tirare a campare. La conquista della sicurezza economica raggiunta e l’evidente bravura sul palcoscenico dell’uomo, non bastano a placare il dolore che ha messo radici nel suo profondo. Maugin non sta mai fermo, nonostante il suo medico gli prospetti una vita di breve durata a causa del suo cuore stanco. Invece di riposarsi, Maugin fa notte nei bar e nei bistrot, scolando alcol e ricostruendo la geografia cittadina del suo passato, dei suoi inizi nello spettacolo, nella miseria. L’ombra della morte accompagna Maugin fin dall’inizio del romanzo. La sua fame di vita è proporzionale al veloce consumarsi del suo ventricolo sinistro. La rudezza e la smania di vivere sono armi che Maugin adopera nell’attesa di una pace che lo stesso Maugin sa non arriverà mai, una pace rappresentata da una stanza d’appartamento, semplice e “normale”, una casa dalle persiane verdi (così come in un altro celebre e bellissimo romanzo di Simenon, era la “camera azzurra” l’oasi di felicità di una coppia adultera).
Georges Simenon scrive un romanzo formidabile, in cui primeggia un protagonista perfetto nella caratterizzazione, dalla psicologia complessa; un uomo che non si è lasciato corrompere dal successo, poiché la corruzione è già insita in lui. Maugin è un personaggio tanto reale da essere scambiato, all’uscita del romanzo, per il ritratto di alcuni celebri mostri sacri del cinema (c’era chi pensava fosse un ritratto di Chaplin, ad esempio). E invece Maugin è originale, plasmato dalla magia della scrittura di Simenon, che riesce a creare un mondo letterario ispirato al cinema ma che ha la grandezza della letteratura più prestigiosa.
L’ombra della morte accompagna Maugin dall’inizio fino alla fine del romanzo, nonostante il disperato vitalismo dell’attore; così come il vitalismo della produzione di Simenon ci pare anch’esso un tentativo di sfuggire la morte, lasciando in vita personaggi e situazioni inventate ma, in alcuni casi, più veri di noi lettori.
Giovanni Canadè