“LE ORE DURE”- LE POESIE DI ANTHONY HECHT
Anthony Hecht, grazie a una prematura passione per la poesia, agli studi compiuti nonostante un’infanzia vissuta durante la Grande depressione e a una gioventù a cavallo della Seconda guerra mondiale, raggiunse – lui come altri talentuosi giovani poeti di quella generazione – una comprensione eccezionalmente raffinata delle possibilità dell’arte poetica. Si è sempre distinto per le sue molteplici doti: una spontanea padronanza della metrica e della rima, insieme alla rara qualità dell’occhio del pittore che osserva e descrive il mondo che lo circonda. Il suo vocabolario era immenso così tanto che, nel linguaggio tecnico si trovano – impiegati in modo impeccabile – le frasi e le inflessioni del discorso quotidiano.
Oltre alle virtù stilistiche, più importante soprattutto in “The Hard Hours – Le ore dure” (Donzelli, collana Poesia, pp. 203, euro 17) – a cura di Moira Egan e Damiano Abeni con un’introduzione di Joseph Harrison – è l’argomento delle sue poesie, la materia grave che si è sentito spinto a dover affrontare, deciso a occuparsi degli aspetti più oscuri della nostra psiche, come i momenti più neri della nostra storia. Un grande poeta tragico, cronista della disumanità dell’uomo nei confronti dell’uomo, unisce nelle sue opere un profondo interesse per la forma con un appassionato desiderio di affrontare gli orrori della storia del XX secolo: la seconda guerra mondiale – in cui egli stesso ha combattuto – e l’olocausto. Numerose le battaglie che vide in Germania, Francia e Cecoslovacchia; tuttavia, le sue esperienze più significative accaddero il 23 aprile 1945. Quel giorno la divisione di Hecht partecipò alla liberazione del campo di concentramento di Flossenbürg. Hecht ebbe il compito di interrogare i prigionieri francesi per raccogliere informazioni sul comportamento dei comandanti del campo. Anni dopo Hecht commentò questa sua esperienza:“Il luogo, la sofferenza, i racconti dei prigionieri erano al di là della comprensione. Per anni dopo mi svegliavo gridando”.
Tutta la sua poesia, attraverso una scelta stilistica varia e sempre raffinata, racconta il vissuto degli orrori di quei drammatici anni, il suo interesse per l’analisi, profondamente umana e spesso dolorosa, di chi siamo, di cosa abbiamo fatto gli uni agli altri e a noi stessi. “Non una preghiera, non incenso, s’alzò in quelle ore che divennero anni; e venivano ogni sera muti spettri dai forni, filtrando nell’aria frizzante, posandosi sui suoi occhi come fuliggine nera.”
Una lettura interessante sia per l’immensa bellezza della poetica sia per gli interminabili spunti di riflessione volti a comprendere un tempo ben preciso e l’umanità che lo ha abitato.
Anthony Hecht (New York, 1923 – Washington D.C., 2004) è stato uno dei più importanti poeti statunitensi nati negli anni venti. Ha vinto il Premio Pulitzer nel 1967 per The Hard Hours e numerosissimi altri premi. È stato il primo vincitore del Prix de Rome che lo ha portato all’Accademia americana di Roma nel 1951, anno a partire dal quale ha frequentato costantemente l’Italia per più di mezzo secolo.
Letizia Chippari