“Le mani di Manduria” – Il Salento di Mario Grasso
Nell’assolata Manduria, cittadina in provincia di Taranto, in pieno Salento, viene trovato il corpo di un uomo molto conosciuto in paese, legato al letto e senza le mani, asportate chirurgicamente. A occuparsi del caso, sarà il vicequestore aggiunto Ettore Blasi, neghittoso investigatore di provincia, dalla situazione sentimentale altalenante. Per scoprire il colpevole, Blasi e i suoi colleghi, dovranno indagare nella fitta rete di conoscenze e di rapporti perlopiù ipocriti della vittima, in un ambiente piccolo ma ricolmo di rancori, odi e sospetti.
Fin qui, una breve sinossi de “Le mani di Manduria” (alterego, 2019, Collana Spettri, pp. 164, euro 13), ma l’autore, Mario Grasso, dopo averci introdotto sul luogo del crimine, senza averci nemmeno svelato l’identità della vittima, ci lascia in sospeso per riavvolgere il nastro delle relazioni intessuti dai compaesani. Una lungo flashback, in cui vengono approfonditi con minuzia le personalità di protagonisti e comparse di un microcosmo pugliese. Veniamo così a conoscere don Ciccio Monteleone, uomo di potere, appassionato di cavalli e delle contadinotte della sua masseria e sua moglie, la scontrosa Madia, persa nelle lusinghe del farmacista di paese, Giordano Vittiglio. E ancora, Rossano e Sofia, figli di Madia e don Ciccio, l’uno ragazzo assennato e l’altra una dolce e sensibile ragazza cieca. Intorno alla masseria di don Ciccio vediamo passare la milanese Ada, in Puglia per le vacanze estive e lo scrittore Salvo Antonacci, autore di romanzi osè, presuntuoso e narcisista.
Gli elementi per un giallo di provincia all’italiana, dunque, ci sono tutti. Ogni personaggio descritto è la pedina di un gioco manovrato dall’autore Mario Grasso, a proprio agio in quel microcosmo di terre, ulivi secolari e vino primitivo. E fondamentale è proprio il luogo del racconto, quel Salento ostentato nella sua funzione di contenitore di umane frustrazioni, che ha generato non solo l’aspetto esteriore ma l’animo tutto di ogni individuo narrato da Grasso. Notiamo, infatti, come “Le mani di Manduria” possa esistere precludendo dalla trovata “gialla”, dell’uccisione e delle relative indagini (che, dopo il prologo, riprendono dopo la metà del romanzo, a conclusione dei ritratti di tutti i personaggi coinvolti direttamente e non nella vicenda). Prevale, nel romanzo di Grasso, la descrizione di una terra millenaria, antica, atavica come le passioni degli uomini, come il desiderio sessuale animalesco di don Ciccio per lu curciu (la vagina) delle contadine. Il rischio di tale narrazione è quella di porre in secondo piano il senso del genere di riferimento, il giallo, divagando o meglio concentrarsi su ciò che più viene percepito dal lettore nelle pagine del romanzo: un’analisi dal taglio verista di uomini e donne fatti della stessa sostanza del Salento.
Giovanni Canadè