Le Étoiles internazionali omaggiano il mito di Nurejev a Spoleto
Ci sono uomini destinati a rimanere a lungo nella memoria della collettività, uomini che con le loro imprese straordinarie hanno creato un punto di rottura con il passato diventando delle leggende. Per la danza Rudolf Nureyev è senz’altro uno di questi. Tributo a Rudolf Nureyev a cura di Daniele Cipriani, andato in scena al Teatro Romano il 28 luglio inserito nel cartellone I Love Spoleto, è un omaggio ad un artista che è fonte di ispirazione degli artisti di oggi. Per questo gala internazionale di danza a 80 anni dalla sua nascita e al 25° anniversario dalla sua scomparsa, étoile di tutto il mondo hanno ripercorso le tappe salienti della sua carriera.
Ad aprire le danze sono Maria Khoreva e Xander Parish del Teatro Mariinsky di San Pietroburgo, in un passo a due da Marguerite et Armand di Frederick Ashton, seguite da un altro passo a due questa volta maschile di Oleg Rogachev e Marc-Emmanuel Zanoli, dell’Opéra National de Bordeaux, da Le Chant du compagnon errant di Maurice Béjart. L’elegante interpretazione di Martina Arduino e Mattia Semperboni, giovani stelle del Teatro alla Scala nel Corsaro, di Marius Petipa che ha unito forza, lirismo a momenti di grande virtuosismo, è stata accolta dal pubblico con clamorosi applausi. Nicoletta Manni, prima ballerina del Teatro alla Scala, ha impersonato la morte tormentando il ballerino Baktiyar Adamzhan, del Teatro dell’Opera di Astana, nel Le jeune homme et la Mort di Roland Petit. La coreografia di Nurejev del passo a due del Il lago dei Cigni è stata messa in scena da Martina Arduino e Mattia Semperboni. Maria Khoreva, Xander Parish, Anastasia Nuikina e Daria Ionova del Mariinsky di San Pietroburgo, li vediamo in Apollo di George Balanchine che lo stesso Nureyev ballò proprio al Teatro Romano Spoletino nel 1984. Per finire Don Chisciotte di Marius Petipa, interpretato da Baktiyar Adamzhan e da Tatiana Melnik, prima ballerina dell’Opera di Stato Ungherese.
Come amava spesso ripetere Nureyev “La danza è tutta la mia vita. Esiste in me una predestinazione, uno spirito che non tutti hanno. Devo portare fino in fondo questo destino: intrapresa questa via non si può più tornare indietro. È la mia condanna, forse, ma anche la mia felicità. Se mi chiedessero quando smetterò di danzare, risponderei: quando finirò di vivere”. Questo tributo rende onore alla sua passione.
Michela Bruschini