LE BRACI di Sándor Márai
15 agosto 1940. In un castello ai piedi dei Carpazi il generale Henrik attende la visita dell’amico d’infanzia Konrad. Da giovani sono stati “come gemelli nell’utero materno”, anche se Henrik proviene da una nobile famiglia e Konrad è figlio di un barone povero, tuttavia entrambi hanno passato l’adolescenza insieme a Vienna in un collegio militare per aristocratici. Si rincontrano quella sera d’agosto dopo quarantun anni; uno per tutto quel tempo dopo una battuta di caccia era scomparso perdendosi nelle pieghe d’Oriente, l’altro, il generale, non si è mai mosso dalla sua proprietà, ma entrambi hanno vissuto nell’attesa di quel momento. Tra loro il fantasma di una donna, Krisztina moglie di Henrik, da tempo scomparsa.
Un’assenza di anni tenuta in vita e conservata nell’attesa di quel momento, quando i due, alla luce fioca delle candele, sorseggiando un buon vino fanno finalmente uscire dal cuore le passioni così a lungo tenute dentro, le sole che hanno alimentato quell’attesa. Ma più che un dialogo sembra quasi un monologo, perché le domande non hanno un interrogativo e alla conclusione si giunge per ragionamento, per logica, così come le risposte non sono affermazioni, ma silenzi che non diventano mai parola.
Le braci di Sándor Márai (Adelphi, 1998) è un vero capolavoro, una lettura dal lento incedere, puzzle di emozioni che passano per memorie, orgoglio, amore, amicizia, sete di verità; le parole scoppiettano come le braci del camino, si fanno storia, racconto, componendo una prosa lineare, raffinata ed elegante con momenti di inattesa poesia. L’immagine dei due uomini, uno di fronte all’altro è descritta dall’autore in maniera veramente insuperabile. Il fuoco del camino brucia per tutta la notte, forte e vivace all’inizio, come i sentimenti che infiammano il cuore di Henrik che finalmente escono non per avere risposte ma per liberarli, per sentirli a voce alta, farli risuonare all’esterno della vita per poter ritrovare la pace sia pure nello sconforto, nella solitudine e nell’amarezza di non avere più niente, ma solo e soltanto una verità temuta e attesa per anni, che spegne il fuoco di ogni sentimento sino a farlo diventare brace e, infine, cenere.
Francesco De Masi