“L’arte dell’attesa” di Andrea Köhler
“L’arte dell’attesa” (add Editore, pp. 127, euro 16) è il saggio della scrittrice e giornalista tedesca Andrea Köhler.
“Aspettare è una imposizione. Eppure è l’unica cosa che ci fa percepire fisicamente il logorio del tempo e ce ne fa conoscere le promesse. Esistono infinite forme di attesa: in amore, dal medico, alla stazione o nel traffico. Aspettiamo: l’altro, la primavera, i numeri del lotto, un’offerta, il pranzo, la persona giusta, e aspettiamo Godot. I compleanni, i giorni di festa, la felicità, i risultati sportivi, un referto. Una telefonata, il rumore della chiave nella toppa, il prossimo atto e la risata dopo il finale di una barzelletta. Aspettiamo che un dolore smetta e che ci colga il sonno o che il vento si plachi. Inerzia, distrazioni o noia: nel registro delle ore programmate, l’attesa è la pagina vuota da riempire. Che nel migliore dei casi ci ricompensa con la libertà.”
L’attesa come impotenza da cui nemmeno il dio-cellulare ci ha liberati. L’attesa come prerogativa dei potenti che controllano il nostro tempo. L’attesa come tempo soggettivo, come tempo regalato, come stato d’animo. L’attesa legata alla malattia e al raccoglimento interiore, alla preparazione.
L’attesa come Purgatorio dantesco in cui gli eterni negligenti sono condannati a cuocere nel limbo dell’attesa, per un tempo pari alla durata della loro esistenza sprecata. L’attesa nel Cristianesimo che assegna posti fissi sul calendario. L’attesa della campagna e quella della città. L’attesa come l’ora del vero sentire. L’ attesa come un tempo di transizione, un passaggio legato a periodi di crescita.
Con l’aiuto dei maggiori scrittori e filosofi di tutti i tempi (Barthes, Kafka, Nabokov, Nietzsche, Benjamin, Camus, Handke e Beckett e molti altri), l’autrice si mette sulle tracce dell’attesa, e cerca di farci capire che il tempo di chi aspetta è un tempo da coltivare con cura, soprattutto in una società moderna sempre più frenetica che, invece, il tempo lo vuole azzerare. L’invito, anche, a saper distinguere l’attesa dal subire l’attesa.
“E già mi chiedo: sto aspettando che qualcosa cominci o che qualcosa finisca? Ma forse è lo stesso: ciò che deve finire finisce soltanto perché qualcos’altro lo scaccia. Perché qualcosa ci aspetta, da qualche parte dietro le sette colline del tempo.”
Laura Franchi