“L’arte d’altra parte” di Carlo Coppelli
Il titolo del libro di Carlo Coppelli “L’arte d’altra parte” (Armando Editore, 2020, pp. 175) è molto accattivante perché ci fa pensare ad altri tempi, oltremare, oltreterra. Come afferma Paola Caboara Luzzatto, nella presentazione al libro, è raro conoscere un insegnante che sia anche arte terapeuta e che desideri offrire ai futuri cittadini un nuovo linguaggio per aumentare la motivazione e l’immaginazione. L’Arteterapia è un intervento di aiuto e di sostegno alla persona, a mediazione non verbale, ma anche a integrazione verbale: utilizza materiali artistici e il processo creativo come sostituzione o integrazione della comunicazione verbale. Paola Caboara Luzzatto, parla più precisamente di “doppio canale”, nel quale, la comunicazione espressiva e quella verbale intervengono in misura variabile, nelle tre dimensioni comunicative: 1) nella dimensione espressiva (prevalentemente non verbale); 2) in quella simbolica, dove agiscono momenti sia verbali che non; 3) nella dimensione interattiva, dove agisce prevalentemente la comunicazione verbale. Il libro è suddiviso in tre capitoli che si sviluppano seguendo una progressione lineare di tipo quantitativo: Una parte introduttiva all’arteterapia e alla professione dell’arteterapeuta, così come si è evoluta negli ultimi anni, specificatamente in riferimento alla situazione italiana, ai profili possibili, alle problematiche, alle caratteristiche del ruolo e sue molteplici dinamiche. Nel medesimo spazio iniziale sono collocati due contributi di carattere orientativo sull’importanza della mediazione iconica nella prevenzione del disagio, nell’affrancamento a terapie e nella riabilitazione. Una seconda parte, un po’ più corposa, sull’arterapia applicata alla relazione educativa, con particolare attenzione al mondo della scuola. Questa parte è a sua volta suddivisa in tre piccoli saggi definiti “orizzonti di senso”; poi collegabili in tre suggerimenti operativi, sotto forma di laboratori strutturati; infine in due progetti relativi all’accoglienza in classe, all’orientamento, alla dispersione scolastica e alla disabilità. La terza parte, ancor più corposa, è mirata all’utilizzo, alla funzione, alla funzionalità dei materiali artistici e a come “dar forma” alla relazione d’aiuto; con particolare attenzione ai materiali plastici, costruttivi e scultorei, dunque all’elaborazione di elementi tridimensionali, tramite pattern figurativi e non figurativi.
La complessità del libro mette in luce la possibilità che esiste, attraverso l’Arte Terapia, di superare alcune nuove patologie legate a disfunzioni percettive che minano la comunicazione interpersonale intrapsichica con la conseguenza di generare paura e insicurezza. Quindi, l’Arte va usata proprio per non essere messi in disparte. Giustamente Carlo Coppelli si pone l’obiettivo di contribuire ad una riflessione sul tema dell’educazione attraverso una visione nell’ambito dell’Istruzione. Certo bisogna superare il pregiudizio che dice che con l’arte non si mangia. Mi è molto cara l’espressione skolé, in quanto la scuola non deve limitare il tempo quanto accrescerlo, liberando energie e creatività. Molto interessante la citazione su Danilo Dolci che affermava “Se l’occhio non si esercita non vede/se la pelle non tocca, non sa/se l’uomo non immagina, si spegne”. Usare l’arte, insomma, significa cercare in sé ciò che si può essere e rappresentarlo a se stessi e all’altro in quel gioco inevitabile chiamato comunicazione. Farlo attraverso i colori, i suoni, la voce, il corpo e negli occhi degli altri vedere una parte di sé. Ecco come l’Arte Terapia consente di avvicinare la conoscenza, la coscienza e la consapevolezza in un gioco di rispecchiamenti. Come ci ricorda l’autore, l’identità dell’arte terapeuta si rivela così nella sua capacità di facilitare la produzione di immagini interiori, non esteriorizzate, soprattutto simboliche, aiutando il soggetto a interagire con queste, per favorire la consapevolezza del proprio mondo interiore e la possibilità di plasmarlo e modificarlo anche con la comprensione dei mondi altrui.
Per il mondo della scuola sono riportati numerosi laboratori che si riflettono attraverso immagini analogiche e simboliche come ad esempio “È ora di piantarla!” un laboratorio sulla natura della crescita dedicato ad adolescenti ed educatori, oppure “Il cerchio della vita”, un laboratorio sulla concentricità vitale. Fra i materiali citiamo la sabbia, collegandolo alla “Sand play therapy” di Dora Kalff allieva di Carl Gustav Jung. Come nella poesia di Rabindranath Tagore: “I bambini s’incontrano sulla spiaggia di mondi sconfinati / Costruiscono castelli di sabbia/ e giocano con conchiglie vuote./ Con foglie secche intrecciano le loro barche/ e sorridendo le fanno galleggiare nell’immenso mare./ I bambini giocano sulla spiaggia dei mondi./…”.
Leggere il libro di Carlo Coppelli è come entrare in un màndala, una sorta di rito legato all’estetica dell’effimero, dove le piccolissime granaglie di minerali colorati risaltano a opera di un’immagine il cui senso è dato sia dalla differenziazione che dalla unificazione. Ecco è proprio questa dualità che dà la concretezza al libro di Coppelli. Una piccola opera che dal Kaos arriva al Cosmos. L’arteterapia, infatti, rimanda alla creazione di immagini che mettono insieme varietà e unità, esteriorità e interiorità, diversità e concentrazione. Buona lettura!
Salvatore Sasso