“L’antologia italiana” di Paul Celan
Nel 1960 Paul Celan (1920 – 1970) riceve il prestigioso premio Büchner, attirando così l’attenzione di molti editori europei, tra cui la Mondadori che, per molti anni, conservò un cospicuo numero di poesie da antologizzare. Progetto arenato per la complessità nella scelta del traduttore e che – nel centenario della nascita del poeta – Dario Borso ha recuperato, traducendo quest’ultimo Celan e ricreando – da questo incontro – ciò che oggi abbiamo tra le mani con “L’antologia italiana” (2020, Collana Poeti, pp. 219, euro 12)di Paul Celan grazie alla casa editrice nottetempo.
“Lui se ne stava seduto su una sedia, muto, assente, scostante” così lo vede Johannes Hösle – direttore del Goethe Institut – e, ancora, Ida Porena in una passeggiata nella necropoli etrusca di Cerveteri dice: “Avevo la netta sensazione di camminare con un morto, con qualcuno che ‘ritornava’ nelle sue vere dimore”.
“all’ombra dei tumuli circolari, nel mio
incurvato dolore
– con te, qui
taciuta, vissi
due giorni a Roma”
È tra le tombe che Celan si colloca, ora da vivo ora da morto. Fino al suicidio, nel 1970, tra le acque della Senna. Fino al momento in cui avrà il coraggio di affrontarla, quella morte da lui tanto immaginata.
“La poesia può essere un messaggio in bottiglia inviato nella convinzione – certo non sempre salda di potere chissà dove e chissà quando venire sospinto a riva”
Rumeno di origine ebraica, Paul Celan è un sopravvissuto alla deportazione, è una delle vite rimaste sole dopo Auschwitz, cenno che troviamo qui nella composizione poetica Tardo e profondo, “lo sappiamo bene,/venga la colpa sopra noi”.
E qui troviamo anche Fuga di morte, quella poesia sui campi di sterminio, dove di campi di sterminio però non si parla mai:
“Latte nero dell’alba ti beviamo di notte
ti beviamo al mattino e a mezzodí ti beviamo di sera
beviamo e beviamo
Vive un uomo nella casa lui gioca coi serpi lui scrive
lui scrive verso sera in Germania i tuoi capelli d’oro Margarete
i tuoi capelli di cenere Sulamith scaviamo una fossa nell’aria lì non si sta stretti”
Ancora, in Tenebrae le tenebre che avvolgono l’ora della morte di Cristo sono le stesse che avvolgono la storia del popolo ebraico durante la Shoah, e oltre.
E poi lo spiraglio di vita, grazie alla moglie Gisèle e al figlio Eric. Chanson di una dama nell’ombra, sempre in questa nuova raccolta è dedicata appunto a Gisèle e all’amore nella sua forma più totale e universale. Una personificazione dell’amore che porte il poeta oltre il dolore della sua vita precedente.
“Questo non vince.
Questo perde.
Questo va alla finestra.
Questo fa il nome di lei per primo.”
Ed è in Corona che l’amore per Gisèle si apre al resto del mondo perché “Stiamo abbracciati alla finestra,/ci osservano dalla strada;/è tempo che si sappia!”, in una nuova vita e in una nuova stabilità che unisce due perone dalle differenti radici, rimarcate nella poesia In Egitto che diventa una sorta di conciliazione tra il passato del poeta e il presente e che identifica Gisèle nelle tre progenitrici dell’ebraismo: Ruth, Miriam e Noemi, in contrapposizione alla sua origine cattolica.
Acqua e fuoco è, tra tutte, la premonizione. Quello che accadrà a Celan prima e a Ingeborg Bachmann, sua amante, poi.
“E levo lo sguardo a te,
circonfusa di sole ardente:
pensa al tempo che la notte saliva con noi sul monte,
pensa al tempo,
pensa che ero quel che sono:
un maestro di prigioni e di torri,
un soffio tra i tassi, un bevitore in mare,
una parola cui bruciando scendi.”
Marianna Zito