“L’ANFITRIONE” DI TERESA LUDOVICO AL TEATRO FONTANA
La produzione Teatri di Bari porta a Milano lo spettacolo “Anfitrione” di Plauto, scritto e diretto da Teresa Ludovico, in scena dal 19 al 24 febbraio al Teatro Fontana.
“Anfitrione” è una tragicommedia, quindi porta in sé sia la parte comica sia la parte tragica. Plauto scrisse quest’opera intorno al 200 a. C. e a quel tempo le commedie rappresentavano fatti riguardanti personaggi popolari, mentre le tragedie avevano come protagonisti le divinità. Pertanto Plauto fu il primo a usare il termine “tragicommedia” nel prologo di quest’opera, per bocca di Mercurio, per indicare l’unione dei due generi. Ognuno è se stesso così come altro da sé, facendo emergere diverse sfaccettature della propria anima. Interessante scoprire che Plauto è stato l’inventore del termine “sosia”, che indica non tanto la somiglianza fisica, quanto l’appropriarsi dell’identità di un altro, al di là della somiglianza, grazie alla persuasione e all’inganno.
Anfitrione: “padrone di casa e ospite generoso”
Il tema del doppio, dell’ambiguità, della doppia personalità (o presunta tale), dell’identità, racchiude il punto focale della storia e da subito è evidente: sul palco sono disposti, in fila, specchi su ruote, ogni personaggio si troverà faccia a faccia con se stesso allo specchio, a volte con lo stesso volto, a volte no, ma senza disconoscersi. Il teatro nel teatro imperversa nel susseguirsi delle scene con grande energia e forte fisicità degli attori.
“Quando sono morto io? Quando sono diventato un altro.”
La riscrittura porta l’ambientazione ai giorni nostri, in un clan mafioso, pur mantenendo la doppia dimensione di umanità/divinità. Anfitrione, esponente della malavita, prende in sposa Alcmena dopo aver ucciso il padre di lei, contrario alle nozze; allo stesso tempo sull’Olimpo il dio Giove, su suggerimento di suo figlio Mercurio, si trasforma in un uomo e sceglie proprio di prendere le sembianze di Anfitrione, essendosi invaghito di Alcmena e volendo sedurla. Mercurio lo spalleggia assumendo le sembianze di Sosia, il servitore di Anfitrione. Gli intrecci suscitano equivoci, malintesi e divertimento.
Il dio Mercurio, messaggero degli dei, figlio di Giove, interpretato da un magnifico ed energico Alessandro Lussiana, porta avanti il filo conduttore della vicenda. Esilarante la scena con Michele Cipriani (Sosia) in cui la parola viene usata come arma per confondere e diventare l’altro; bravissimi anche Irene Grasso (Alcmena), Demi Licata (Bromia), Michele Schiano di Cola (Anfitrione), Giovanni Serratore (Giove) e il Maestro Michele Jamil Marzella che, in veste di attore e musicista insieme, esegue dal vivo i temi musicali. Azzeccata la scelta di un linguaggio popolare e di impatto immediato e ingegnoso lo spazio scenico e le luci di Vincent Longuemare.
Roberta Usardi
Foto di Valentina Pavone