L’amore tragico in scena al Teatro Regio di Torino con la Norma di Bellini
Era l’ultima replica de La Norma di Vincenzo Bellini al Teatro Regio di Torino quella a cui ho assistito il pomeriggio di domenica 26 marzo. Un’ultima replica che ha concluso in maniera imponente il secondo appuntamento della Stagione d’Opera e di Balletto 2022 del più grande palco piemontese. Un teatro colmo fino all’ultima fila, il consueto entusiasmo che si respira nell’aria entrati in sala e la musica degli strumenti che l’orchestra sta accordando creano quell’atmosfera unica che solo l’Opera può far vivere. La tragedia lirica in due atti, con il libretto di Felice Romani, tratto dalla tragedia Norma ou L’infanticide di Louis-Alexandre Soumet, è firmata per l’occasione dal regista Lorenzo Amato. Le scene sono del recentemente scomparso Ezio Frigerio, alla cui memoria il Teatro Regio ha dedicato la produzione. A guidare l’orchestra uno dei più interessanti direttori del panorama musicale italiano, l’abilissimo Francesco Lanzillotta.
Inizia la musica e la assaporo a occhi chiusi. Si alza il sipario e mi vengono i brividi ancora prima di vedere la scena. Una scena spesso scura, nordica, quasi pre-gotica, in continua trasformazione, che passa da un ambiente chiuso, il tempio, per poi aprirsi su boschi e foreste, dove però i colori crepuscolari hanno la meglio. L’ambientazione in una regione nordica abitata da un popolo quasi primitivo è preminente, con pochi riferimenti all’Alterità, rappresentata dal mondo latino alle porte e più evoluto. Anche se il contorno è quello della guerra, l’opera parla d’amore. La forza della scena è rappresentata dalla scelta di usare immagini proiettate al fondo del palco, talvolta in secondo piano, talvolta complementari e necessarie al testo. In particolar modo, è immensa la scena finale, a livello di libretto, musica e scenografia, che immerge il palcoscenico e l’intero teatro in una vampata di fuoco, che arde i cuori e fa crollare la storia nel suo epilogo tragico. Una tradizione e una cultura affascinante, quella in cui è ambientata l’opera: tra druidi e sacerdotesse si intessono strabilianti attrici e attori e voci spettacolari. Prime tra tutte, le voci peculiarmente diverse ma emotivamente intensissime di Norma, interpretata dalla soprano Gilda Fiume, e Adalgisa, dalla mezzosoprano Annalisa Stroppa. Altissima è stata soprattutto l’interpretazione delle due cantanti nella confessione di Adalgisa a Norma e nella successiva epifania della doppia azione peccaminosa da parte di entrambi i personaggi femminili con il proconsole Pollione (Dmitry Korchak, tenore). Due voci che numerosi momenti mi hanno costretta a chiudere gli occhi e abbandonarmi ai viaggi melodici cui mi conducevano. Accanto a loro, in uno spettacolo dallo spiccato protagonismo femminile, anche Minji Kim, nelle vesti di Clotilde. Sul palco anche il bravissimo basso Fabrizio Beggi nei panni di Oroveso, capo dei Druidi e il tenore Joan Folqué.
L’allestimento del Teatro di San Carlo di Napoli ha visto l’interpretazione dell’Orchestra e del Coro del Teatro Regio di Torino, quest’ultimo guidato dal Maestro del coro Andrea Secchi. I costumi, doverosamente semplici ma con una scelta cromatica attenta e armoniosa al complesso dell’opera, hanno visto la cura di Franca Squarciapino. Con il coordinamento del direttore dell’allestimento Antonio Stallone hanno lavorato alle luci, il cui gioco era fondamentale in una scena prevalentemente scura, Vincenzo Raponi e al video Sergio Metalli.
Si è sicuramente trattato di un secondo appuntamento di stagione che mantiene altissima l’asticella delle prospettive che il Teatro Regio di Torino, come di consueto, ha offerto al suo numerosissimo pubblico. E che mi fa attendere esitante il prossimo appuntamento in cartellone.
Giulia Basso
Fotografia di Andrea Macchia