“L’amore non apprezzo”, i versi del paroliere errante
Alla fine della festa mi sono sempre chiesto se esista un modo giusto per dire qualcosa. Una risposta ancora non l’ho trovata eppure qualcuno che tenta di dare una forma alle parole c’è.
“L’amore non apprezzo” (Neo. Edizioni, 2021, pp. 131, euro 11,40) si palesa come una guida tra le sfumature delle parole, un dolce lanternino da seguire quando pare che le cose abbiano poco senso. Arsenio Bravuomo ci trasporta, attraverso la poesia, nella sua vita di tutti i giorni, fatta di memorie, pensieri sparsi, caos e istantanee di sé. È proprio attraverso la vita di tutti i giorni e in quei piccoli e apparentemente insignificanti dettagli di ordinaria quotidianità, che prende vita la sua poesia.
Una poesia unica e riconoscibile, che emana un amore immenso verso questa vita, seppur imperfetta e complessa.
Una poesia che è celebrazione stessa e contemplazione del bello ma anche del diversamente bello.
Una poesia che celebra, ironizza e sdogana una società imperfetta e colma di paradossi.
Una poesia che dice molto di lui ma soprattutto dice molto di chi legge.
Nelle parole dell’autore e nei suoi versi risulta quasi impossibile non riconoscersi, non ritrovarsi, a prescindere dal proprio vissuto.
“Non vergognarti mai
invece di vergognarti rimedia
scrivi in continuazione
scrivimi in continuazione
io ti risponderò a tratti
ma ti penserò sempre nei miei momenti bui
perché tu sei l’interruttore
delle mie passeggere felicità”.
La sua è una poesia senza regole, libera, come è libero lui, dalle pretese di oggi.
Prima, fra le altre, la pretesa d’ esser capito, d’ essere riconosciuto.
Ed è proprio questo a colpire di “L’ amore non apprezzo”.
Massimiliano Pietroforte