L’altro Tolstoj
Alcune vite per risollevarsi devono toccare il fondo. L’acqua alla gola non basta, si deve precipitare. È necessario abbandonarsi per riemergere. Sono in tanti ad affermarlo ma pochi sanno descrivere ciò che si prova mentre si precipita. Tolstoj riesce a farlo in maniera egregia in “Confessioni” (Marietti 1820, 2021, pp.133, euro 10), un testo di spessore, autobiografico e filosofico sulla conversione del grande scrittore russo. Un libro scritto tra il 1879 e il 1882 che fatica a venire alla luce. Proibito inizialmente in Russia – in cui verrà pubblicato solo nel 1906 – viene inizialmente stampato in Svizzera. Marietti 1820 ci regala questa preziosa versione, curata da Maria Bianca Luporini e Pier Cesare Bori, arricchita da un documento dal titolo Ricerca della vera fede posto come introduzione a “Confessioni”. Il Tolstoj che troviamo in queste pagine è un uomo consapevole e disilluso che, alla soglia dei cinquant’anni si trova a un passo dal precipitare. Le parole che aprono quest’opera del resto, non lasciano spazio a fraintendimenti:
“Sono cresciuto, invecchiato e ho guardato alla mia vita. Gioie fugaci, scarse, molti dolori e, dinanzi a me sofferenze, morte”.
Questo Tolstoj è un uomo che tira le somme della sua vita, analizzando quanto ha vissuto e il suo senso di smarrimento rispetto al senso della vita stessa che cerca incessantemente senza trovare. Allora tutto sembra vago: le passioni, il potere, la lussuria, la famiglia, il successo come scrittore, la fede e la scienza. Il dubbio si insinua nella mente di Tolstoj come un piccolo tarlo e giorno dopo giorno si fa più insistente. Rispondere ad alcune domande equivale a vivere ma per rispondere è necessaria un’analisi introspettiva che porta a scardinare i punti fermi nella vita condotta sino allora. Quella stessa vita che gli apparve come priva di senso e disgustosa, uno scherzo malvagio dal quale è meglio liberarsi. Nel tentativo di cercare il senso della vita, Tolstoj indaga attraverso le scienze dell’uomo, senza tuttavia trovare una risposta soddisfacente. Si mette allora ad osservare gli uomini, a come vivevano e solo allora comprende che l’unica via d’uscita dalla situazione in cui si trovava non poteva che essere la fede. Quella stessa fede in cui era cresciuto e gli avevano insegnato durante l’infanzia e adolescenza, a cui, a un certo punto, aveva smesso di credere. Nel tentativo di rispondere alle domande sul senso della vita Tolstoj si avvicina ai credenti tra le persone povere, semplici e ignoranti; a quel popolo lavoratore, dunque, presente anche in altri capolavori tolstojani. Quel popolo lavoratore che soffre, sopporta numerose privazioni ma ha fede e grazie a questa accetta le malattie, il dolore, la morte. La lunga confessione che Tolstoj si concede lo porterà a riflettere e ad accettare la vita. La ritrovata fede è la spinta che lo porterà a riemergere, lontano dall’idea del suicidio e verso la vita.
“Confessioni” è un libro importante anche se meno conosciuto rispetto ad altre opere dello stesso autore, fatto di poche pagine ma denso di riflessioni in alcune delle quali è impossibile non riconoscersi. Rappresenta un viaggio nell’animo umano in cui è bello perdersi, come solo Tolstoj è capace di fare.
Sara Pizzale