La voce di Federico nel libro di Fabio Anselmo
È sempre difficile decidere di prendere parte a situazioni dolorose che hanno toccato altre persone. Sono quei momenti in cui “chi soffre d’empatia” cerca di fuggire. È vero che il dolore degli altri è sempre “un dolore a metà”, ma per chi “è umano” vicende come quella di Federico Aldrovandi, Stefano Cucchi e tanti altri non rimangono lì ferme su un asfalto o tra le mura di un ospedale. Ma ci saltano addosso, ci avvelenano di dolore e rabbia.
E così siamo andati alla presentazione di FEDERICO, il libro (edito da Fandango Libri) di Fabio Anselmo, avvocato prima della famiglia Aldrovandi e poi della famiglia Cucchi; l’avvocato dei diritti umani, l’avvocato dei processi per abusi delle forze dell’ordine. “Fabio è l’avvocato” sostiene Ilaria Cucchi. L’articolo davanti alla parola è determinativo e singolare perché Fabio Anselmo in queste battaglie è solo, perché il prezzo di tutto questo, tra insulti e indagini, è davvero troppo alto da pagare. E così siamo andati da Federico e da Stefano perché abbiamo capito che senza di noi, senza l’opinione pubblica queste battaglie contro “la giustizia” non possono andare avanti. Ci siamo andati perché da passivi siamo diventati anche noi piccoli tasselli attivi di una lotta che, passo dopo passo, vede i suoi primi spiragli di luce.
Giulia Bosetti ci introduce questo libro che racconta tutti i retroscena sulla morte di Federico Aldrovandi e le successive “indagini”, la lotta contro tutto e tutti dell’avvocato e della famiglia, della difficoltà in cui ci si trova a dover far emergere la figura di un ragazzo di 18 anni che non c’è più e, cosa peggiore, la difficoltà di dover spiegare chi era e come era davanti alle parole e alle descrizioni di chi, questo ragazzo, nemmeno lo ha mai conosciuto.
Le cause di morte, attribuite in questi casi, spesso hanno poco a che fare con il contesto reale e, l’obiettivo di queste “attribuzioni” è quello di allontanarci da una verità che, invece, si palesa sotto i nostri occhi . “Il mio scopo è fare in modo che si vergognino” sostiene Anselmo “mettere in imbarazzo chi si occupa delle indagini” e lo fa con fotografie che ritraggono i volti tumefatti di questi ragazzi, che mostrano “questi corpi senza vita che parlano”: un gesto di sacrificio enorme, una doppia violenza per le famiglie di vittime di soprusi. Iniziano così veri e propri processi al morto, all’avvocato delle famiglie e alle famiglie stesse. Processi in cui questi ragazzi che non ci sono più, queste persone diventano semplicemente dei “casi” perdendo la loro essenza di essere umano.
Non è facile il lavoro di Fabio Anselmo, che – dopo un dramma familiare con dinamiche simili ma di malasanità – improvvisamente si è ritrovato sommerso in una situazione di dolore e di morte, dove lo stato ti abbandona, dove la solitudine ti afferra la gola come una morsa e devi farti giustizia contro chi è la giustizia, o dovrebbe esserlo.
“Tu, per me, sei la voce di mio figlio” sono le parole di Patrizia Moretti – la madre di Federico – per Fabio e, solo questo, può bastare per capire tutto il resto.
Marianna Zito