La “Tribù Urbana” di Ermal Meta: uguaglianza, amore, ritmo e poesia
È finalmente uscito “Tribù urbana” il nuovo disco di Ermal Meta per l’etichetta Mescal e distribuzione Sony Music. Contiene dodici brani, compreso “Un milione di cose da dirti” (E. Meta – E. Meta, R. Cardelli) il brano presentato alla 71esima edizione del Festival di Sanremo, arrivato al terzo posto e vincitore del Premio Giancarlo Bigazzi per la miglior composizione musicale e del Premio SIAE-Roma videoclip per il miglior video Sanremo 2021 – Sezione BIG. Un nuovo capitolo musicale per questo artista che si è sempre distinto per la profondità dei suoi testi e la limpida vocalità, già dai tempi in cui era frontman della band La Fame di Camilla. “Tribù Urbana” già dal titolo racchiude storie di vita, amori e ricordi, che si sviluppano attraverso le dodici canzoni tra ritmi contagiosi e ballate struggenti.
Ma andiamo nel dettaglio di questa “Tribù Urbana”.
“Uno” è un inizio imponente, dal grande ritmo e sound che coinvolge: un inno all’uguaglianza, immagini di unione di persone accomunate dal fatto, ovunque esse siano, che “il cielo è uno”–
“Stelle cadenti” ha un’impronta elettronica e un rimando agli anni ottanta nell’arrangiamento solare, nonostante il testo parli una storia oramai finita, che nel ritornello sfocia in una richiesta, forse per sentirsi meno soli: “dimmi che mi vuoi bene anche se non ci credi, dimmi che mi vuoi bene finché resto ancora in piedi”.
“Un milione di cose da dirti” è il brano intenso che ha conquistato il pubblico di Sanremo nonostante sia arrivato solo al terzo posto; una canzone d’amore emozionante, poetica nel suo plasmarsi attraverso le metafore di “cuore a sonagli” e “occhi a fanale”: “Con le mani nel fango per cercare il destino, tu diventi più bella ad ogni tuo respiro, e mi allunghi la vita inconsapevolmente avrei un milione di cose da dirti, ma non dico niente”.
“Il destino universale” è uno dei due brani scritti interamente da Ermal Meta. A livello musicale si tratta di un brano melodico e fluido. Il testo parla di persone alle prese con le difficoltà la vita, tra alcolismo, violenza e storie d’amore finite male. Denominatore comune di tutte le storie è il proprio modo di andare avanti e di amare la vita: “e trovo il coraggio di dire lo faccio, concedo a me stesso di essere libero, stavolta io posso, un piccolo passo”.
“Nina e Sara” è uno dei brani più belli del disco, un piccolo gioiello che racconta una storia d’amore ambientata nel giugno 1987, che ha per protagonista la sedicenne Nina che si innamora di Sara. Questo amore viene giudicato aspramente dalla madre di Nina, il cui coraggio però è più forte di qualsiasi convenzione, per poter vivere pienamente se stessa: “io non pretendo di sapere, non pretendo niente, vorrei soltanto potermi sentire una volta normale”.
“No satisfaction” ha un beat trascinante, elettronico: nelle strofe le tre voci armonizzate costituiscono una linea melodica ipnotica che poi sfocia in un un ritornello rock. Questo brano, uscito come singolo, esalta appieno la grinta graffiante di Ermal: “siamo macchine inventate da una mente un po’ animale”.
“Non bastano le mani” è una splendida ballata, il secondo brano scritto interamente da Ermal, che inizia con il pianoforte mentre la voce è a metà tra il parlato e il cantato. È una canzone d’amore struggente, che nel ritornello si amplia tra elettronica e archi in modo emozionante: “che forse non c’è un’altra occasione per fare di me un codardo feroce, l’amore perché non se ne va via da sé, ah forse già c’è un’altra stazione dopo di me in cui fermarti per sempre, ma fallo perché niente succede da sé senza coraggio non avrai niente, senza coraggio non sarai niente”.
Con “Un altro sole” si torna al ritmo e al sentimento di unione e uguaglianza tra le persone, che insieme vanno a formare l’altro sole del titolo, senza confini e senza distanze, nel bene e nel male. Il ritornello invoca “con le mani che si aggrappano al cielo stanotte siamo meno lontani, ma nel fango della stessa sorte tutti noi siamo uguali che ridiamo con le costole rotte per andare avanti così”.
“Gli invisibili” è un ballata con un testo che parla di momenti di sconforto, ma che ribadisce che altre persone si sentono così, non si è soli. Gli invisibili sono quelle persone, che pur non conoscendole, si trovano nella stessa situazione. A livello musicale l’arrangiamento è delicato ed essenziale e mette in risalto la melodia che avvince sin dalle prime note, fino alla venatura rock presente dal secondo ritornello: “siamo gli ultimi, ci vedi sullo sfondo, siamo gli invisibili che salveranno il mondo”.
“Vita da fenomeni” è un brano dal sound anni ottanta, che si snoda tra i ricordi del passato (“cercare le iniziali strappando la linguetta alle lattine”) paragonati alla realtà del presente, di adulti con esigenze ed energie diverse: “ormai non siamo buoni a fare tardi e non siamo più tanto bravi a fare i giovani, sarà che siamo diventati grandi in questo mare pieno di pericoli, sarà che siamo troppo stanchi per questa vita da fenomeni”.
“Un po’ di pace” è una nenia nell’arrangiamento e nella dolce cadenza, che culla dall’inizio alla fine con la melodia che evoca ricordi e tenerezza: “voglio solo un po’ di pace, sentire la tua voce, sapere che ci sei, tu che sai fare luce quando il sole tace, non cambiare mai”.
Un disco valido che porta alla luce ancora una volta il grande talento compositivo e interpretativo di Ermal Meta.
Roberta Usardi
Fotografia di Paolo De Francesco
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