“La Traviata” del Teatro Sociale di Como, una messa in scena trasgressiva
Il Teatro Sociale di Como ha sbalordito il suo pubblico proponendo una messa in scena provocatoria e trasgressiva de “La Traviata” di Giuseppe Verdi. Alle opere d’arte di una determinata epoca storica possono essere attribuiti nuovi significati con il trascorrere degli anni, che arricchiscono il suo messaggio senza alterarne i contenuti essenziali. Tale fenomeno si sta verificando anche per quanto riguarda l’opera lirica, nonostante il ricambio generazionale sia difficoltoso e l’elevato costo del biglietto attiri prevalentemente un pubblico di ceto sociale medio-alto e conservatore. La Traviata, ispirata a La dame aux camélias di A. Dumas figlio e composta da Verdi sul libretto di Francesco Maria Piave, aveva destato scandalo nel lontano 1853, quando debuttò presso La Fenice, in quanto la protagonista era una prostituta d’alto borgo. Ai tempi di Pretty Woman nessuno si indigna più per tematiche simili perciò, per conferire nuovamente all’opera l’originaria patina provocatoria, il regista Luca Baracchini ha immaginato che la protagonista fosse una ragazza transgender e che le feste parigine si svolgessero in un night club LGBT.
Siccome l’interprete di Violetta Valerie deve necessariamente gorgheggiare con la celestiale voce di un soprano, sono state scelte da due cantanti cisgender: Francesca Sassu alla prima e Cristin Arsenova durante la seconda serata hanno cantato il Brindisi con capelli corti e pantaloni. Per rappresentare il passato da uomo della fanciulla, un attore in slip segue sul palco Violetta con aria protettiva: la protagonista non è in conflitto con il proprio passato, la società è la sola colpevole delle sue pene. Il fantasma dall’identità maschile, durante il canto dell’aria Amami Alfredo, scrive Amati in vernice rossa su un grande specchio. Il pubblico ha apprezzato e applaudito questa singolare interpretazione.
La reazione degli spettatori è stata invece contrastante per quanto riguarda il Coro delle Zingarelle e dei Toreri, poiché hanno calcato la scena delle drag queen mistress sadomaso che domavano uno schiavo con il volto coperto da una maschera da toro in pelle nera. I melomani non sono ancora abituati a vedere l’opera lirica associata ad una pratica erotica così provocatoria, perciò le reazioni sono state molto intense ed estreme: molti hanno acclamato a gran voce il Coro OperaLombardia, ma qualcuno ha manifestato il proprio disappunto con urla indignate. Ciò non ha impedito al pubblico di ringraziare gli artisti con un fragoroso applauso al termine della rappresentazione.
Per poter trattare temi così moderni, le scenografie di Francesca Sgariboldi erano ambientate ai giorni nostri: se la vita mondana ottocentesca si è trasformata in una discoteca, Violetta e Alfredo (Valerio Borgioni e Vincenzo Spinelli) trasformano in un nido d’amore un piccolo appartamento il cui arredamento non è stato ancora ultimato. È stato fondamentale l’intervento del Lighting Designer Gianni Bertoli, soprattutto per quanto riguarda la creazione del Night Club. La vicenda de La Traviata è così ambientata in pochi ambienti fondamentali, uno spazio pubblico e uno privato, che contrastano tra loro gradevolmente. I costumi di Donato Didonna sono stati molto importanti per trasformare dei cantanti lirici in drag queen, o comunque in persone che frequentano i locali notturni. Alcune cantanti vestivano in lungo, evocando vagamente i sontuosi abiti ottocenteschi delle tradizionali messe in scena de La Traviata.
Il Teatro Sociale ha osato, e il suo gesto non ha lasciato il pubblico indifferente. Per fare grandi rivoluzioni bisogna essere audaci e l’opera lirica è ormai pronta per rigenerarsi e conquistarsi il proprio spazio nel nostro secolo. La rivoluzione potrà dirsi conclusa soltanto quando il pubblico cesserà di soffermarsi sulla trasgressione, che dovrebbe essere inclusa nella nostra società, per prestare maggiore attenzione alla magistrale interpretazione del direttore d’orchestra Enrico Lombardi.
Valeria Vite