La tragedia è finita, PLATONOV: La straordinaria rilettura del Platonov di Cechov di Liv Ferracchiati
“Avremo acquistato molto per la scienza estetica, quando saremo giunti non soltanto alla comprensione logica, ma anche alla sicurezza immediata dell’intuizione che lo sviluppo dell’arte è legato alla duplicità dell’apollineo e del dionisiaco, attraverso una continua lotta e una riconciliazione che interviene solo periodicamente.” Friedrich Nietzsche
Ci sono opere d’arte che ti cambiano la vita. È una cosa che mi capita di dire molto spesso, soprattutto quando qualcuno mi chiede consigli per la serata e io cerco di trovare un motivo, anzi forse “il” motivo per cui vale sempre la pena di andare a vedere uno spettacolo, un film, un concerto, una mostra, oppure di leggere un libro. L’alternativa che si presenta al mio occasionale interlocutore, anche dal punto di vista economico, è di solito una pizza, da soli o con amici. Su questo punto sento di avere delle certezze: una pizza solitamente non ti cambia la vita (a meno che ti vada di traverso e tu muoia); alcuni spettacoli, invece, decisamente sì. Non per questo sono contrario in assoluto alla pizza.
Ecco: trovo che questo conflitto tra lo spirito dionisiaco che ci spinge ad andare a Teatro e quello più apollineo che ci porta talvolta ad accontentarci di una serata in pizzeria sia lo stesso che dilania, avvolge e soffoca il personaggio di Cechov. Platonov è attratto da quattro donne, quattro personalità completamente diverse tra loro, ma pur avendo la possibilità di averle non riesce a decidere. Perché? Perché non si può.
“Avevo 27 anni, e per i 30 non prevedevo neanche un cambiamento”
Platonov
Platonov è un uomo che, come molti di noi, finisce per non vivere la vita che avrebbe potuto vivere. Il fascino contraddittorio di questo personaggio che, fatale coincidenza, Liv Ferracchiati incontra nella sua vita all’età di 27 anni, avrà un’influenza tale da spingere il “registattoreautore” a creare questo “La tragedia è finita, Platonov”, spettacolo che oltre a cambiare per sempre la sua vita (quella di Liv Ferracchiati) promette di cambiare, ad alcuni più ad altri meno, anche quella di molti spettatori, compreso chi scrive. Perché? Perché si può. Perché se le regole, intese come gabbie della creatività, non hanno motivo di esistere, se “il re è nudo”, qualcuno deve dirlo. Liv Ferracchiati dimostra di conoscere benissimo gli elementi e i meccanismi che fanno del Teatro un’arte diversa da tutte le altre, e li usa in modo spiazzantemente efficace. La scena, per esempio: nessun limite né separazione. Sul palcoscenico si muovono, seguendo le vicende del testo di Cechov, un Platonov particolarmente vivo e contemporaneo nelle sue fragilità (Riccardo Goretti) e le sue quattro donne di riferimento (le altrettanto brave, a tratti straordinarie, Petra Valentini, Francesca Fatichenti, Alice Spisa e Matilde Vigna), a cui si aggiunge un ulteriore “personaggio-non personaggio”, il Lettore, una presenza quasi “morettiana”, ma estremamente più empatica, che osserva, anticipa, commenta, racconta e interagisce con i personaggi e con un altro personaggio-protagonista assolutamente fondamentale, il pubblico in platea. Nel suo non avere limiti Liv-Lettore si muove liberamente tra platea, proscenio e palcoscenico ancor prima che lo spettacolo cominci ufficialmente (“inizio” e “fine”, altri due limiti finalmente rimossi da questo “Platonov”…).
Sono due, a mio giudizio, le prime parole-chiave di cui dobbiamo tenere conto quando parliamo di Teatro: dialogo ed empatia. Ogni spettacolo, ogni opera d’arte, letteraria ecc. è nella sostanza un dialogo tra l’Autore (inteso in senso lato: nel Teatro chi scrive, interpreta o è parte della realizzazione, luci e scenografia comprese) e il Lettore, cioè noi. Il Platonov di Liv Ferracchiati ha il merito di rendere plasticamente evidente questa connessione tra vita e scena, tra proiezioni personali e accadimenti solo apparentemente “altri”. Liv-Lettore è allo stesso tempo osservatore, suggeritore, regista ma anche oggetto delle attenzioni, dei commenti e perfino delle invettive dei “personaggi di carta”, che sul palcoscenico di questo Platonov diventano vivi, e ribellandosi alla loro bidimensionalità “di carta” ci rivelano, mettendola a nudo, la loro umanità. Le diffuse, prepotenti irruzioni dell’attualità, o dell’imprevisto, sono parte di questa necessaria non separazione tra scena e vita. Il cantato finale, poesia assoluta, è da brividi. Gli applausi del pubblico (leggenda narra che in Romania siano durati oltre tre ore: noi ci crediamo e ci sembra il minimo…) sono strameritati. Il Teatro, che lo si faccia come lo fa Liv Ferracchiati o che lo si vada semplicemente a vedere, significa rischiare, mettersi in pericolo. L’opera d’arte ci costringe a metterci sull’orlo della nostra esistenza, a mettere in scena i nostri fantasmi e qualche volta, edipicamente, ad ucciderli come Liv fa con il suo Platonov. Attraverso l’empatia, noi elaboriamo ciò che vediamo e allo stesso tempo “ne siamo elaborati”. Da ciò si genera la terza parola-chiave, cambiamento: proprio quello che Platonov, a 27 anni, non riesce a immaginare davanti a sè.
Scriveva Umberto Eco: “chi non legge, a 70 anni avrà vissuto soltanto una vita.” E noi, io almeno, di vite ne desideriamo avere mille. Il mio interlocutore, quello dell’inizio di questo articolo, è perciò avvisato: è questo ciò che rischierebbe di perdersi, se scegliesse di andare in pizzeria tutte le sere. Certo, anche io qualche rischio, parlandovi di pizza per spiegare la geniale profondità di questo spettacolo, so di assumermelo…; né posso essere sicuro che questa recensione riuscirà a cambiarvi, almeno un po’, la vita. Mi consola il pensiero che a qualche Lettore che dovesse commentare con un “che pizza” il prossimo spettacolo brutto (certamente non questo!) a cui dovesse assistere, possa un giorno sfuggire, al ricordo, un piccolo sorriso.
A.B.
Fotografia di Luca Del Pia
Piccolo Teatro di Milano (9-14 novembre 2021)
La tragedia è finita, Platonov
di Liv Ferracchiati
con scene dal Platonov di Anton Čechov
con (in ordine alfabetico) Francesca Fatichenti, Liv Ferracchiati, Riccardo Goretti, Alice Spisa, Petra Valentini, Matilde Vigna