“La Tempesta” nell’adattamento di Luca De Fusco arriva al Teatro Romano di Verona
“Siamo fatti anche noi della materia di cui son fatti i sogni; e nello spazio e nel tempo d’un sogno è racchiusa la nostra breve vita.” – La Tempesta, W. Shakespeare
A volte sarebbe doveroso ringraziare gli artisti che creano opere fruibili dal pubblico in una fresca serata d’estate. Luca De Fusco, regista e direttore del Teatro Stabile di Napoli, ha compiuto un’eccelsa prodezza riadattando “La Tempesta” di Shakespeare con un cast formidabile. Per il 71° Festival Shakespeariano dell’Estate Teatrale Veronese al Teatro Romano, è andato in scena il 28 e il 29 giugno uno spettacolo impeccabile.
Eros Pagni, nei panni di Prospero, è una apparizione sicura ed elegante, una voce possente che, nel momento in cui lo si ascolta, non si vorrebbe essere da nessun’altra parte, se non fosse che proprio lui riesce a portare altrove – in altri luoghi e in un altro tempo – in un non tempo. Non ci sono forzature, Pagni è una delle eccellenze italiane, recita con garbo e convinzione, piccoli gesti e grandi verità. È il Duca di Milano, esiliato su un’isola-biblioteca con la figlia Miranda – Silvia Biancalana – e la solitudine dolorosa lo ha portato a sviluppare poteri magici, grandi conoscenze per tramare vendetta. Fin dall’inizio il gioco scenografico crea sorprese e si rivela relazionato continuamente ai personaggi: c’è un grande studio, i libri ne sono i protagonisti, le installazioni video di Alessandro Papa e il disegno luci di Gigi Saccomandi sono significati altri e scenari mentali da ammirare e interpretare.
Gaia Aprea ruba quasi la scena con una difficile doppia interpretazione: da una parte è Ariel, lo spirito dell’Aria, divenuto servo di Prospero, dopo che lui stesso lo ha liberato da un albero in cui era stato fatto prigioniero da una strega, la madre dell’altra presenza sull’isola, Calibano, mostro demoniaco. L’attrice aleggia elfica, mossa solo dal volere del suo padrone, è uno spiritello leggiadro che accontenta il suo padrone e attende la libertà. L’altra creatura è invece l’oscuro, l’orrore, trama nel suo nascondiglio una rivolta contro l’esiliato mago. Ariel e Calibano hanno lo stesso volto, bene e male, purezza e oscurità, personalità distinte ma presenti nel protagonista principale, sono ombre che evidenziano la luce, emanazioni della mente. Altro elemento scenografico, sorprendente e funzionale, è un nastro scorrevole che trasporta sul palco gli attori: tutto scorre, c’è un presente storico o sta avvenendo tutto nella mente di Prospero? La tempesta viene scatenata contro la nave dei traditori, il fratello Antonio (Paolo Serra), Alonso re di Napoli (Carlo Sciaccaluga) e suo figlio Ferdinando (Gianluca Musio), insieme a tutti gli altri naufraghi – Francisco (Alessandro Balletta), Sebastiano (Paolo Cresta), Adriano (Francesco Scolaro), Gonzalodi (Enzo Turrin) – vengono condotti all’isola separatamente, con gli incantesimi di un implacabile Pagni-Prospero.
I costumi di Marta Crisolini Malatesta vestono il protagonista con abiti novecenteschi, mentre gli altri personaggi assumono sembianze dell’epoca che rappresentano. Sono sagome in un pensiero, fantocci mossi da un burattinaio, intrappolati in un rete che si sta tessendo in tempo reale. Sulle alte mura della biblioteca che è casa, rifugio e fortezza, si alternano visioni di opere d’arte e ritratti di icone del ‘900, da Chagall a Freude a Dalì: agli spettatori viene richiesto un ulteriore sforzo, quello di andare oltre ciò che pensano di vedere, creare legami fantastici e necessari, entrare nell’altrui mente. E da un’atmosfera nera cupa e pesante si entra in un momento show napoletano con i buffoni Stefano e Trinculo, Gennaro Di Biase e Alfonso Postiglione: gag e azione e anche tradizione all’italiana per far allietare e rilassare il pubblico. Ma le sorprese non sono ancora finite: inaspettatamente l’entrata in scena di Marylin Monroe, Alessandra Pacifico Griffini,crea uno spostamento di attenzione e di fronte alla sensualità della benedizione di Giunone, dea del matrimonio, non si può che rispostare l’asse della messinscena e il nuovo punto di fuga pare ora più chiaramente conscio e inconscio del grande mago. E si giunge al famoso epilogo: Eros Pagni compie un passo verso il pubblico, il cielo risplende di stelle, l’emozione è palpabile. La bacchetta magica viene spezzata, il mare sommerge ogni cosa, le passioni si placano e la pace dei sensi può ora giungere. Col senno di poi possiamo tentare di ricostruire un’odissea alternativa, un ritorno a casa, una discesa dalla follia.
Luca de Fusco, anche grazie alle musiche originali di Ran Bagno, ha creato un’eccellente spettacolo multimediale, mescolando classico, pop e contemporaneità, squadra di lavoro eccezionale. Da vedere e rivedere.
Silvia Paganini