La storia e la denuncia di Raquel Liberman raccontata da Myrtha Schalom nel romanzo “La Polacca”
Inizi del ‘900, Varsavia. Roji, una giovane donna ebrea, ha appena dato alla luce il suo secondo figlio maschio. Suo marito è emigrato in Argentina, a casa della sorella, e non appena possibile le manderà i soldi necessari per farla imbarcare e raggiungerlo, iniziando una nuova vita insieme. Sulla nave diretta in Argentina, Roji incontra un mercante ebreo, Tzvi, che le lascia il suo biglietto da visita, qualora avesse bisogno di qualcosa nella nuova Terra che la attende. Roji non sa che lui è un “impuro” che conduce una doppia vita: mercante di stoffe di seta agli occhi di tutti, ma anche un ruffiano che gestisce il commercio di giovani immigrate bianche che, una volta arrivate in Argentina, verranno vendute e introdotte nel mondo della prostituzione. Con la morte del marito, Roji si trova costretta a cercare lavoro come sarta, e ingenuamente chiede alla cognata di contattare Tzvi. La donna, storpia e spinta dalla gelosia e dall’invidia verso la bellezza di Roji e il suo essere madre, le dice con l’inganno che Tzvi l’ha assunta, senza specificare altro. Purtroppo la realtà dei fatti si rivela ben diversa da come Roji si aspetta: viene portata in un bordello e costretta a prostituirsi. Da quel momento il suo nome sarà Raquel.
È questo l’inizio della storia raccontata da Myrtha Schalom nel romanzo “La Polacca” (Edizioni Foglio Di Via, Collana Oltremare, 2020, pp. 384, euro 16) nella traduzione di Erika Casali; il termine “polacca” del titolo si riferisce al soprannome generico per identificare le prostitute di origine ebraica nel periodo di migrazione dall’Europa verso l’Argentina nel periodo tra il 1880 e il 1930. Questo romanzo appassionante prende spunto dalla storia vera di Raquel Liberman, in un’epoca in cui la donna veniva considerata merce di scambio e intrappolata in una vita senza futuro, senza libertà e lontana dalla famiglia. La storia di Raquel è emblematica per quel momento storico, in cui donne giovanissime, anche minorenni, venivano educate al piacere, schedate come prostitute e così imprigionate tra le mura di una stanza. Dalla denuncia sporta da Raquel nel 1930 contro i suoi sfruttatori di fronte alla corte argentina nasce questa vicenda, che l’autrice ha plasmato e ha trasformato in un romanzo.
Raquel Liberman è riuscita a sopportare tutto ciò che le è successo pensando ai suoi figli e alimentando fiducia verso il cambiamento della propria vita: sulla sua strada, condannate alla stessa sorte, ha anche incontrato compagne con le quali ha instaurato un rapporto di amicizia e solidarietà, che l’ha supportata fino alla fine. Purtroppo Raquel è morta a 35 anni, poco prima di poter fare ritorno in Polonia, ma la sua ribellione e confessione è stata fondamentale per l’arresto di molte persone coinvolte in questo traffico illecito.
Un romanzo in cui ci si affeziona subito alla figura di Raquel, che la penna di Myrtha Schalom esalta nel suo essere così profondamente umana e tenace. Nelle ultime pagine sono presenti le foto di Raquel, che la ritraggono con i suoi bambini al momento della partenza per Buenos Aires e insieme alle amiche del bordello, in cui si vede nei suoi occhi tutto il suo desiderio di voler vivere una vita normale.
Roberta Usardi