“La squilibrata” – La vita di Juliet Escoria
Juliet è una studentessa modello, una “normale” ragazzina di 14 anni, assorbita dagli amici e dalla scuola, che vive nel sud della California con i suoi genitori. Non mancano nel suo percorso adolescenziale le esperienze estreme per dimostrare di essere fighi e forti, non mancano le fughe di nascosto a casa di amici o gli spinelli veloci nel retro di casa; ma piano piano, qualcosa dentro di lei comincia a cambiare, facendole perdere la percezione di sé e scaraventandola in un vortice senza fine di ansie, incubi, paure e allucinazioni che logoreranno i rapporti con chi la circonda, che la sconfineranno in un ospedale psichiatrico.
“È difficile individuare quale fu il principio. Quando la vissi, la mia disintegrazione mi sembrò improvvisa, come se un tempo fossi stata intera ma poi la mia realtà si fosse dissolta in sabbia. No neanche in sabbia, ma melma, qualcosa di disperato e viscido e malato. E invece, guardandomi alle spalle, il mio è stato un lento processo che, alla fine, è culminato con un’implosione”.
Con “La squilibrata” (Pidgin Edizioni, 2020, Collana Ruggine, pp. 404, 16 euro) Juliet Escoria descrive il passaggio da adolescente ad adulta di una ragazza affetta da un disturbo bipolare che, incastrata nell’inadeguatezza e nelle proprie ossessioni, continua il suo autolesionismo in un susseguirsi di relazioni sbagliate e tentativi di suicidio. L’autrice esplora la malattia mentale in quel modo crudo ed estremo che solo chi l’ha vissuta può raccontare. La malattia diventa un espediente narrativo che sembra intrappolato tra finzione e realtà, ma che si svela reale nei momenti in cui la narrazione si ferma, per lasciare il posto a bigliettini, lettere e referti ospedalieri; che si svela reale quando le sensazioni diventano così veritiere da sentircele appiccicate addosso, quasi riuscissimo anche noi, in quel momento a vederle e paradossalmente a comprenderle. Juliet Escoria ci mette di fronte a un percorso doloroso e straziante, che mostra tutto quello che può attraversare la mente di un adolescente nel momento in cui nella sua vita prendono piede le dipendenze e la malattia mentale.
“C’era qualcosa che non andava nella mia faccia. I miei occhi, la mia bocca, il mio naso: erano spariti”.
Un’opera in cui l’autrice non ci risparmia o nasconde nulla, condivide ogni dettaglio della sua esperienza, sbattendoci tutto in faccia così come è stato; mostrando ai lettori quanto la scrittura sia salvifica e quanto la fragilità sia umana; e che la rinascita può avvenire soprattutto grazie alla forza interiore, al coraggio di voler rimanere vivi, solo accettando e amando se stessi. A quel punto ogni medicina è superflua.
Marianna Zito