“La sinfonia di fuoco” di Oliver Buslau: un giallo intorno alla Nona Sinfonia di Beethoven
Il 7 maggio 1824 fu una data significativa per Vienna e per la Musica. In quel giorno venne eseguita per la prima volta la Nona Sinfonia di Beethoven al Teatro am Kärntnertor. Questo componimento divenne poi famoso in ogni angolo della terra, soprattutto l’ultimo movimento, con il coro che canta i versi dell’Inno alla Gioia composto da Friedrich Schiller.
“La musica è il regno in cui siamo liberi. E in cui vogliamo restare liberi.”
Questo è l’evento attorno al quale prende forma il romanzo giallo di Oliver Buslau “La sinfonia di fuoco. La congiura della Nona di Beethoven” (Emons, Gialli Tedeschi, pp. 472, euro16) nella traduzione di Rachele Salerno, uscito lo scorso 21 gennaio. La storia inizia nel 1874 ai tempi in cui Sebastian Reiser, ormai settantaduenne, racconta, sollecitato del nipote, gli eventi che lo coinvolsero cinquant’anni prima a Vienna, quando ebbe modo di incontrare Beethoven e di far parte dell’orchestra che avrebbe suonato per la prima volta la Nona Sinfonia. Nel 1824, pochi giorni prima del debutto, Reiser si trovò coinvolto in un mistero che legava suo padre, morto in un incidente, al famoso compositore Beethoven: la sordità del compositore, giunta senza un’apparente motivazione, è una parte dell’enigma. Intanto un gruppo di giovani studenti provenienti da tutto l’impero, tra cui un certo Theodor Kreuz, è stato convocato segretamente a Vienna da un personaggio misterioso. Questo fatto viene collegato a un evento occorso qualche anno prima, quando Karl Follen istituì l’Unione dei Giovani, la prima confraternita studentesca, che nel 1820 portò lo studente Carl Ludwig Sand a uccidere un diplomatico fedele allo stato: Sand venne giustiziato, ma la sua morte fu vista come un martirio e non come atto di giustizia. Questo evento portò alla formazione di altre confraternite con idee rivoluzionarie in assoluta segretezza. Quindi, la Vienna del 1824 stava vivendo in profondità diversi cambiamenti; Reiser, cercando di venire a capo del collegamento tra la morte di suo padre e Beethoven, si troverà quindi ad affrontare inaspettati pericoli, vagando da un capo all’altro di una città che ha orecchie dappertutto e a cui sembra impossibile nascondere qualcosa.
“E se si potesse guarire l’anima dalle influenze nocive, sarebbe la più preziosa delle medicine.”
Oliver Buslau riesce a unire con grande capacità sia elementi storici reali sia la finzione, lasciando il lettore in sospeso fino all’ultimo. Il flashback è un mezzo efficace, in quanto il ricordo, a distanza di tempo, permette una più lucida consapevolezza. Inoltre, la Musica riveste nel romanzo un ruolo fondamentale: Beethoven, nonostante la sua sordità, o forse grazie a questo suo limite, è riuscito a renderla ancora più potente, in grado di arrivare là dove le parole si fermano. La minuziosità della descrizione dei suoni e dei movimenti della Nona Sinfonia è affascinante, un nuovo punto di vista che parte dai musicisti coinvolti in prima persona, tra cui Reiser.
Questa lettura fa emergere il desiderio di ascoltare con più attenzione, non solo la Nona Sinfonia, nella sua complessità e rara bellezza, ma anche ogni altro brano di musica classica. Il messaggio è ancora più incisivo per il semplice fatto che l’autore stesso fa parte dell’orchestra sinfonica di Bergish Gladbach, con cui nel 2015 ha suonato proprio la Nona Sinfonia per il venticinquesimo anniversario dell’Unità tedesca.
Roberta Usardi