“La scrittrice nel buio” di Marco Malvestio
“La stregoneria è un concetto legato alla valutazione dei rapporti tra due persone” questa frase appartenente a Godfrey Lienhardt è una delle dediche in cui ci imbattiamo accingendoci a leggere “La scrittrice nel buio”, seconda opera di Marco Malvestio (Voland, pp. 149, euro 18).
Con il sapore di questo indizio ancora in testa, iniziamo il primo paragrafo del primo capitolo intitolato “Gli anni dell’apprendistato” e subito incontriamo la creatura a tre teste di questo romanzo, i protagonisti. Tutti gli elementi ben in vista e a disposizione del lettore, sin da subito, regalano la falsa illusione di aver facile accesso alla soluzione di quello che si vuole presentare come un romanzo con un mistero semplice da svelare. Una rete, sapientemente tessuta dall’autore, intrappola proseguendo la lettura. Marco Malvestio dipinge un quadro fatto di mille sfaccettature degno di un pittore gotico.
Due personalità molto diverse tra di loro quelle di Marco e Federico, due estrazioni sociali antitetiche, due destini prevedibili. Un villain che infrange tutte le regole e destabilizza, Maria Zanca, un personaggio misterioso e inquietante capace di lasciare segni indelebili nella vita di chi incrocia pur restando nell’ombra. Una figura a tratti mitologica a tratti visionaria. Quasi una creatura di un altra dimensione. Tutto il romanzo si sviluppa intorno al mondo letterario, a volte reale a volte fittizio. I personaggi che all’inizio sembrano non poter in nessun modo avvicinare le proprie realtà, tutti – in qualche modo – si fondono e, a un certo punto della storia, i loro destini sembrano divenire uno solo.
Marco Malvestio scrive un romanzo che parla di letteratura. Una storia dai tratti un po’ misteriosi e un po’ disturbanti, perché scava nell’apparente luce delle quotidiane faccende di chi vuole lasciare una traccia nel mondo letterario e, come un racconto di Edgar Allan Poe, da voce ai loro demoni che si confrontano per decidere quanto alto è il prezzo che possono pagare. Lo studioso, che avrà ciò che serve per leggere davvero tra le righe e conoscere l’oggetto di studio, saprà distinguere tra il realmente accaduto e il racconto. Una metafora di quanto si debba cedere al compromesso per raggiungere gli obiettivi in un mondo, quello accademico, letterario, così affascinante ma anche diviso e competitivo.
Questo romanzo parla molto dell’ambiente letterario italiano, della ricerca letteraria e del mistero che sempre accompagna lo studio di un lavoro di cui restano solamente gli scritti e l’impossibilità di confrontarsi con l’autore. Dietro tutto questo, una storia a tratti inquietante a tratti affascinante e una donna misteriosa che attrae come una sirena e, con il suo scrivere, diventa l’incubo di chi la vuole studiare e capire, alterandone la natura intrinseca. Una metafora, forse, su come l’oggetto degli studi possa diventare una creatura misteriosa e perversa, sui diversi approcci verso ciò che non capiamo. La ricerca come un’indagine che soppesa ogni frase come se potesse svelare la natura dell’autore stesso, uno strumento che, a volte, svela troppo e delude.
Il mondo universitario, letterario, della ricerca come l’indagine dell’occulto; la materia come un demone che può arricchire, può rovinare, può diventare ossessione ma soprattutto può rubarci il cuore e l’anima.
Federica Scardino