“La Scortecata” chiude la prima parte del Lunga Vita Festival
“Me so’ stancat’esse vecchia”
È “La Scortecata” di Emma Dante a chiudere la prima parte del Lunga Vita Festival di Roma, che quest’anno ha ospitato oltre 7000 spettatori, in un’estate non poco calda, ma che fortunatamente non è bastata a fermare la voglia di vedere, conoscere e continuare ad amare il teatro.
E ci si ferma in bellezza, prima della ripresa di settembre, con la messa in scena della riscrittura della fiaba “La vecchia scortecata” tratta da “Lo cunto de li cunti” di Giambattista Basile, in quel napoletano dalla musicalità forte, a tratti dissonante e così terribilmente tagliente in ogni sua parola e in ogni suono. La riscrive – per scorticarci l’anima – Emma Dante, per due attori uomini Salvatore D’Onofrio e Carmine Maringola, che – in una scenografia essenziale con due sedie e un castello, una porta, un lenzuolo e una parrucca – si ritrovano nei vecchi cenci di Carolina e Rusinella, due sorelle centenarie o quasi che, l’una di fronte l’una all’altra, si sostengono e litigano ricordando continuamente ciò che erano e ciò che sono: contano i giorni aspettando la morte, mentre dentro di loro conservano quel desiderio di gioventù ormai perduta, quel desiderio di bellezza immortale.
E non ce lo dicono solo a parole, ma con ogni movimento e con ogni muscolo del loro corpo che, a ritmi definiti, ci mette di fronte a quel teatro che ci salta addosso, trapassandoci e rendendoci protagonisti, grazie a questo vibrare che diventa anche il nostro, che ci diverte e ci emoziona, ci sconvolge e terrorizza perché, per quanto ci troviamo fantasticamente anche al cospetto e nel letto de lo re, è tutto irrimediabilmente vero ciò che Carolina e Rusinella dicono e ciò che a loro accade. Potrebbe essere morte o rinascita, l’unica certezza è che non ci è dato saperlo.
Marianna Zito