LA RONDINE – un’ode graziosa all’Amore
Sebbene siano trascorsi cento anni dalla prima rappresentazione, assistere all’allestimento de La Rondine di Giacomo Puccini – per la regia del Maestro concertatore e direttore Gianluigi Gelmetti, al Teatro Massimo Bellini di Catania fino al 24 gennaio – diviene un elegante filtro, entro cui lo spettatore si ritrova a riflettere con leggerezza sui sempiterni valori che muovono e disciplinano l’agire umano: l’amore, il coraggio, la dignità.
Nei tre atti – incredibilmente allestiti dalle sapienti mani di Pasquale Grossi – il librettista Giuseppe Adami, come nella migliore tradizione della commedia realista goldoniana, ci conduce fra le aspirazioni, l’illusorio coronamento dei propri sogni finché le vicende umane ed i pregiudizi soggiungono a metter fine al periodo idilliaco “dei baci e sorrisi l’incanto si paga con stille di pianto!”. Ambientata nel salotto del banchiere Rambaldo e della compagna Madga – una delicata Patrizia Ciofi – il poeta Prunier – abilmente impersonato da Andrea Giovannini – intrattiene gli ospiti dileggiando i caratteri frivoli di una nuova moda che imperversa nella Parigi del Secondo Impero, l’amor sentimentale. È con la Romanza “chi il bel sogno di Doretta” notiamo come, a torto, il lavoro di Puccini conosca la minore fortuna riservata alle operette: l’intensità e la ricercatezza musicale diventano una cornice che sublima il valore preminente dell’Amore su tutto “che importa la ricchezza se al fine è rifiorita la felicità”. In nome dell’ardente desiderio che nutre speranzosa, Magda lascia che il singolare ospite le sveli le verità celate nel palmo della sua mano “…forse, come la rondine, migrerete oltre il mare verso l’Amore”.
Sibilline, certo, “ il destino ha un suo duplice viso: un sorriso o un’angoscia?… Mistero”, ma non impediscono alla cara sognatrice di aggrapparvisi e, in nome del vero Amore, cambiare le sorti della propria vita per ben due volte: accettando di rinunciare alla sterile agiatezza economica per l’incerta ma appagante relazione amorosa con il giovane Ruggero – interpretato da Giuseppe Filianoti – e, pervasa dai sensi di colpa per avergli nascosto il suo passato, rifiutandosi di sposarlo “devo abbandonarti perché t’amo e non voglio rovinarti”.
Attraverso una narrazione fluida, commovente, in cui l’orchestra eleva le delicate armonie tra i dialoghi dei protagonisti e le atmosfere goliardiche, si intuisce perfettamente l’intento paideutico, attraverso la critica dei disvalori su cui si fonda anche la società odierna. Eppure, non si smette di sorridere durante l’intera rappresentazione e il cuore scivola dolcemente tra fugaci ricordi e tenere speranze, libero come una rondine.
Chiara Principato