La prima personale di Adrian Ghenie in Italia
Campo San Vito, Dorsoduro, Venezia. Quattro facciate bianche e austere delimitano il Palazzo Cini. Costruito alla fine del 1500 dalla famiglia dei Loredan, per secoli fu abitato da vari nobili per lo più sconosciuti. Nel Novecento, però, viene acquistato dal conte ferrarese Vittorio Cini, ereditiere e imprenditore che partecipò alla prima guerra mondiale e che molto fece per lo sviluppo industriale della laguna e d’Italia: fu, tra le altre cose, anche uno dei presidenti della società per azioni Ilva (dal ’21 al ’39). Nel 1918 sposò Lyda Borelli, la celeberrima diva genovese del cinema muto, dalla quale ebbe quattro figli: Giorgio, Mynna, Ylda e Yana. Aderì al Fascismo: nel ’34 divenne senatore del regno, e nel ’43 ricoprì anche il ruolo di ministro delle comunicazioni. Presentò tuttavia le dimissioni dopo appena sei mesi, poco prima dell’armistizio dell’8 settembre, e per questa ragione venne catturato ed internato a Dachau, dalla quale però riuscì a evadere grazie all’aiuto del figlio Giorgio. Nel ’49, però, Giorgio, che aveva appena trentun anni e che stava frequentando Merle Oberon, morì in un incidente aereo sopra Cannes. In sua memoria, il padre prosciolto istituì due anni dopo la Fondazione Cini, che ha sede nel palazzo, e restaurò tutta l’isola di San Giorgio Maggiore, a est della Giudecca. Oggi la casa museo, che ospita tutta la collezione d’arte di Vittorio – una tra le più interessanti d’Italia, secondo Federico Zeri – è una promotrice culturale d’alto livello.
Al secondo piano del palazzo è stata allestita “The Battle between Carnival and Feast”, la prima personale mai presentata in Italia di Adrian Ghenie, pittore romeno classe 1977 che però già conosce la laguna: nel 2015 è stata infatti presentata la sua Darwin Room al Padiglione Rumeno della 56a edizione della Biennale d’Arte, un progetto pittorico che indagava il concetto di sopravvivenza attraverso la teoria dell’evoluzionismo biologico. E anche se talvolta si sente dire che la pittura, in questo periodo, sta affrontando una (presunta) crisi, quella di Ghenie ci porta comunque in un microcosmo piuttosto inedito, sia dal punto di vista estetico sia in termini di contenuti. Curata da Luca Massimo Barbero, direttore dell’Istituto di Storia dell’Arte della Fondazione, la mostra consta di nove tele recenti e inedite, molte delle quali create appositamente dall’artista di Baia Mare per l’occasione. Una delegazione piuttosto scarna, forse, ma che nonostante ciò sa schiudere un varco nella mente dei visitatori: gli oli su tela di Ghenie, oscillando perennemente tra la reminiscenza personale e il trauma collettivo, propongono una narrazione angosciosa del mondo destrutturato nel quale volenti o nolenti ci troviamo tutti quanti. Grottesco, acquitrinoso, brillante ma anche tetro, Ghenie raffigura i conflitti, i tafferugli e tutte le turbolenze della società contemporanea senza rinunciare però ad una costruzione geometrica e prospettica per nulla astratta, basata peraltro sulla lezione dei grandi maestri italiani del passato. Ad accogliere il pubblico c’è Figure with Dog, un’enorme silhouette contorta ma anche flessuosa, repellente ma in qualche modo anche attraente. C’è poi The Wall, una scenografia chiusa dove una parete curvilinea come l’amianto ricorda una periferia urbana ma anche una delimitazione industriale, un paesaggio a tratti post-apocalittico dove la fauna e la flora sono accennate, logorate e deformate. In una stanza più defilata, The Raft, la tenebrosa zattera neobarocca e vertebrata che ricorda il capolavoro di Géricault e i tanti attualissimi eventi legati al tema dell’esodo. Angosciante The Drowning, un acquario con una creatura decomposta; un relitto triste e disgregato. Interessanti poi Self Portrait with Animal Mask e Self Portrait with iPhone, entrambi tanto disarticolati e inquietanti da menzionare apertamente l’estetica psicogena di Francis Bacon. Meravigliosamente dissacrante, infine, la destrutturazione del genere del ritratto che in questo caso ha visto protagonista il volto del presidente Donald Trump, studiato attraverso tre piccoli quadri che si affermano in qualità di caricature liricamente spaventose. Una figurazione intimorente, quella di Ghenie, che prevede che la pittura diventi un lucido campo di battaglia perennemente instabile, sensibile al gesto che svela […]. La pittura come un campo tellurico, tanto instabile quanto meraviglioso, come spiega Barbero nel comunicato stampa. Quanto ai contenuti, per l’artista al centro di tutto c’è la volontà di indagare la placida e sotterranea lotta tra il carnascialesco della vita e l’esaltato, incosciente divertimento col quale ingentiliamo le nostre controversie. Ed ecco spiegato anche il titolo della mostra.
Come molte altre rassegne, “The Battle between Carnival and Feast” si svolge in concomitanza alla Biennale d’Arte: inaugurata il 19 aprile, si concluderà il 18 novembre.
Davide Maria Azzarello
In copertina: The Drowning, 2019. Courtesy Galerie Thaddaeus Ropac (London, Paris, Salzburg)