“LA NOTTE POCO PRIMA DELLE FORESTE” – FAVINO AL TEATRO BELLINI DI NAPOLI
Diversamente da chi conosceva lo spettacolo, mi sono avvicinato a “La notte poco prima delle foreste” senza sapere cosa aspettarmi se non vedere un grande attore, come Pierfrancesco Favino, recitare in uno spazio vuoto, scarno e buio per settanta minuti senza fermarsi un attimo. Già dalla conferenza stampa avevo capito perché Favino è un talento incredibile. Un uomo, prima che un artista, dal grande carisma e di un’umiltà e una semplicità disarmante. Durante la presentazione ho avuto modo di capire di che cosa stessimo parlando e cosa mi apprestavo a vedere. Ma prepararsi a uno schiaffo e ricevere uno schiaffo, consapevole che questo faccia male, non sono proprio la stessa cosa. E così, a teatro mi sono ritrovato davanti un uomo che mi ha riempito di pugni nello stomaco, mi ha segnato con lividi ovunque, senza che nessuno attorno a me se ne accorgesse. Mi ha lasciato solo a leccarmi le ferite. Mi sono ritrovato a piangere prima timidamente, con educazione, poi, come un fiume in piena, le lacrime scendevano senza paura, fiere di esistere, e alla fine ho chiuso gli occhi, lasciandomi andare.
L’uomo portato sul palco del Bellini di Napoli, con la regia di Lorenzo Gioielli, ha un accento diverso ma non è uno straniero perché parla una lingua diversa dalla mia, è uno straniero perché è una persona sola, come lo sono io, come l’amico che mi ha tradito e che ho tradito io, come mio padre un attimo prima di morire, come l’amore che cerco e non trovo e quella ragazza che come me cerca l’amore e non lo trova. Questo spettacolo è stato scritto da Bernard-Marie Koltès negli anni ‘70, un uomo innamorato del teatro dopo aver visto mettere in scena Medea. Non parla di immigrati, lavoro e sindacati, parla di solitudine e alienazione. Non ci racconta di stranieri in terra straniera. Siamo tutti stranieri ogni giorno tra la gente, anche io in questo momento mentre scrivo queste parole e sento ancora il dolore dei pugni allo stomaco e le lacrime rigare il mio viso. Mi ritrovo così ancora una volta tra le file del Bellini e rivedo Favino che scende tra il pubblico, che tocca i nostri volti, che cerca i nostri occhi. Come un uomo solo tra uomini soli, cerca un contatto, vuole stringere rapporti, vuole conoscere e farsi conoscere. Amico, amico mio io sono qua sembra dirci, questo è il mio cuore offerto a te per noi. Viene voglia di abbracciarlo, di dire che andrà tutto bene, che ci siamo ma Favino piange, come me e la signora accanto a me, perché lo sappiamo che non funziona così. Qualcuno da qualche parte ha vinto. Lo straniero sul palco urla nella notte immaginaria in una stazione della metropolitana. Si spengono le luci.
Pierfrancesco Favino durante la conferenza stampa ha detto che lo spettacolo era un preparare la serata a un buon bicchiere di vino, ora so cosa intendeva ma un giorno dovrò dirgli che un solo bicchiere non è bastato per riprendersi.
Antonio Conte