La musica e la tradizione calabrese nel disco “Tantu Tiampu Fa” di Raffaella Caruso – L’intervista
La tradizione di un territorio racchiude usi e costumi, tra cui anche la musica, che ha il potere di portare chiunque ascolti in sonorità e melodie tipiche di un luogo, con l’intento di farlo conoscere, esaltarlo e celebrarlo. Raffaella Caruso fa proprio questo nel suo album d’esordio “Tantu Tiampu Fa” (Carren Production / IDM), che racconta la terra calabrese attraverso la canzone popolare. Raffaella Caruso vive a Petilia Policastro, un paese in provincia di Crotone: canta fin da ragazzina in gruppi di musica folkloristica, una passione che è rimasta sempre accesa, nonostante non sia il suo lavoro principale: è infatti una dentista di professione e una mamma di quattro bambini. Questo suo primo disco comprende sei canzoni scritte da lei, un brano strumentale scritto da Renato Caruso e tre cover rivisitate di canzoni popolari calabresi. L’abbiamo ascoltato con gusto, trovandolo molto coinvolgente. Per farci raccontare qualcosa in più abbiamo raggiunto telefonicamente Raffaella.
“Tantu Tiampu Fa” è uscito da poco, quanto tempo ci è voluto per realizzarlo?
Ci ho impiegato due anni, me la sono presa comoda, dal momento che il canto è una passione e non un lavoro. Cantare è rifugiarmi nel mio mondo, in cui sto bene. L’uscita del disco, già pronto dalla scorsa primavera, è stata posticipata a causa della pandemia; mi stava passando un po’ la voglia, ma poi mi sono detta che il disco doveva uscire perché aveva impegnato le mie energie, i miei pensieri, i miei sogni, le mie poesie e volevo dare un messaggio di ottimismo a me e a chi mi ascolta. I musicisti che hanno suonato nel disco un po’ li ho scelti io e un po’ mio cugino Renato Caruso con il Maestro Domenico Scordamaglia, che è proprietario dello studio di registrazione di Petilia dove ho registrato. Ho anche voluto introdurre altri strumenti oltre alla chitarra battente, tipica della musica popolare: il violino, il sax, il flauto, il contrabbasso. Ho girato vari video, alcuni legati al disco, altri scegliendo canzoni che mi piacciono girandoli in zone caratteristiche. Con la scusa del disco è nato tutto quello che è venuto dopo: la mia pagina facebook e il mio canale YouTube.
Da dove nasce la tua passione per la musica popolare?
Canto da quando ero ragazzina, ho militato in un gruppo di musica popolare qui nel mio paese, Petilia Policastro, per cui il canto popolare fa parte di me da tanto tempo. Ho dovuto lasciare quel gruppo per questioni lavorative e familiari, poi ho deciso di iniziare a cantare da sola, dal momento che scrivo e invento melodie anche se non conosco la musica. Ho fatto ascoltare qualcosa a mio cugino Renato Caruso che mi ha incoraggiato a creare questo album. E stato l’input per tornare nel mondo della musica popolare. Da quando mi sono messa in moto ho iniziato a conoscere altri artisti e musicisti calabresi e ho collaborato e partecipato a video di altri cantanti. È stato un modo per rimettermi sulla piazza per fare quello che mi è sempre piaciuto, è una passione che aiuta a vivere meglio. Amo la mia terra, la canto, la celebro, ci sto bene e ho scelto di abitarci e farci la famiglia, anche se nei paesi esistono problemi strutturali, in cui mancano teatri, cinema, strade. Le nostre zone sono bellissime, ma hanno tanti problemi. Nel mio disco tocco vari temi e ho voluto portare nella mia musica il bello che c’è in Calabria.
Dove è stato girato il video di “Na Sirata I Primavera”, che ha anticipato il disco?
Il testo è stato un regalo di un poeta di Isola Capo Rizzuto, Filippo Scalzi, messo in musica da mio cugino Renato Caruso. La location del video è la casa dei genitori di mio cugino: l’ho scelta perché è un piccolo gioiello della zona vecchia di Petilia. È un video molto semplice, un messaggio di tranquillità: questa canzone ritorna al passato, quando bastava poco per stare bene, perché oggi non ci accontentiamo più di nulla, anzi, più abbiamo e più siamo insoddisfatti.
Hai girato anche il video di “Ninna e dorme”, è tua figlia che canta con te?
Sì, è la mia primogenita, che adesso ha quasi 12 anni. Questa canzone l’ho scritta dopo la nascita dei miei ultimi due figli – due gemelli di quattro anni – è una ninna nanna che ho dedicato a loro e che ho anche musicato. Mentre la scrivevo la cantavo e la registravo, poi Renato e gli altri musicisti l’hanno arrangiata.
In “Vita Amara” canti con Maria Francesca Carcea, come è nata la collaborazione?
È stata una scelta istintiva. Maria Francesca è stata chiamata a sostituirmi nel gruppo di musica popolare durante la mia seconda gravidanza e da lì è nata una bellissima amicizia. Io amo la sua voce, lei ama cantare, così le ho proposto di cantare questo brano con me, che è dedicato alla donna. Precedentemente avevamo collaborato nel video di una canzone salentina – amo anche il Salento – ambientandolo in una località di montagna dalle mie parti. Da lì già era nata una collaborazione.
Con chi ti piace collaborare?
Amo cantare con le amiche, ce n’è una in particolare che si chiama Isabella Longo, di un paese vicino al mio. L’ho conosciuta perché ha cantato un brano reso famoso da Bennato in Calabria e siamo diventate amiche via web, poi due estati fa ci siamo conosciute a una festa di paese ed è nata una collaborazione. Lei ha inciso un cd di musica popolare e mi ha fatto cantare. Dal nulla nascono tante cose se si tiene la mente aperta. La musica è unione e condivisione di idee e di passioni.
“Tantu Tiampu Fa” è il titolo del disco, ma anche di una delle canzoni, che si riferisce a un racconto popolare che ti raccontava tuo padre. Come mai hai scelto questo titolo?
Il titolo del disco l’ho scelto insieme a mio cugino Renato per dare un messaggio di ritorno alle origini, a quello che eravamo un tempo: più autentici, ma anche perché l’impronta dell’album è popolare. Anche se ho mescolato vari generi rimango molto legata a questo modo di cantare le mie origini, si tratta di un ritorno al passato, non per essere malinconici, ma perché, come anche la storia insegna, dal passato si impara per non sbagliare nel futuro. Siccome oggi siamo diventati tutti più sterili, con meno valori, dobbiamo ritrovare i vecchi valori non nel modo di vivere, ma nell’umanità.
Ci racconti come hai scelto le tre cover inserite nel disco?
“Cu Trenta Carrini” è uno stornello calabrese e un omaggio al primo cantastorie della Calabria che è Otello Profazio, ora ultra ottantenne, che io ho conosciuto alla televisione: su Rai Tre era sempre ospite al telegiornale e alla fine cantava sempre le sue canzoni. Nel disco il brano è stato arrangiato in modo completamente diverso: mantenendo il testo, ma cambiando lo stile e la melodia. Ovviamente l’ho chiamato e gli ho fatto ascoltare il mio brano e Otello, pur essendo molto legato alla tradizione, l’ha apprezzato così tanto che mi ha dato il consenso per metterlo nell’album. Per me è stato un onore. È scritta in un dialetto che si avvicina di più al reggino di Reggio Calabria, molto lontano dal mio, ma c’è un risvolto personale: mia madre era di Reggio Calabria, per cui, cantando questo brano è come se facessi rivivere con lei anche il suo dialetto. “Tata ca muaru” è uno dei brani più conosciuti dalle mie parti, significa “papà che muoio”. Ci sono legata per una questione affettiva, lo conosco da quando ero bambina. Anche questa canzone è stata arrangiata in modo diverso, mantenendo la melodia, ma rendendola molto dolce, grazie ai violini. “Furtuna” invece ha un testo tradizionale e per l’arrangiamento ho ripreso quello di un musicista calabrese rendendo la mia versione simile alla sua. Anche in questo caso l’ho contattato e gliel’ho fatta ascoltare e gli è piaciuta. È una canzone d’amore – nelle canzoni tradizionali o c’è l’amore o c’è la satira o l’ironia – e l’ho dedicata a un signore di Petilia. La dedica sarà inserita nel cd fisico che uscirà nel 2021. Questo signore, morto prematuramente, presentava i piccoli festival, partecipava ai musical, era molto attivo dal punto di vista artistico e amava questo brano: dovunque andasse cantava questa canzone e in suo ricordo l’ho voluta cantare e dedicare a lui.
Sul tuo canale YouTube ho visto che è presente il video di “Piscature da marina”, che non è incluso nel disco, come mai?
Si tratta un brano di un artista crotonese che si chiama Pino Talarico che ho conosciuto ad un concerto di musica popolare. Siamo rimasti in contatto, col fatto che Petilia è vicina a Crotone – essendo sotto la sua provincia – gli è piaciuta la mia voce e mi ha chiesto di cantare questo suo brano scritto quarant’anni fa, riarrangiato. È una canzone che lui ha dedicato a suo nonno, che era un pescatore. Come regalo a Pino ho girato il video tra Crotone e Torre Melissa, in zona mare, col drone.
C’e un brano del disco a cui ti sei scoperta particolarmente affezionata?
Mi piacciono un po’ tutti i brani perché sono molto diversi. Sono legata particolarmente alla canzone di Otello Profazio “Cu Trenta Carrini” e “Tata ca muaru” per una questione affettiva.
Cosa desideri per il tuo percorso musicale, che progetti hai?
Mi piacerebbe essere invitata nell’ambito di qualche rassegna culturale come già è avvenuto in passato. Poi, anche se è già uscito, vorrei presentare il disco nel mio paese; probabilmente gireró un altro video tratto dal disco, ho già delle idee. Riguardo ad altri progetti ho in mente, insieme ad alcuni amici, di promuovere la bellezza del territorio usando la musica e facendo dei video. Non so ancora se andrà in porto, vedremo, si tratta di canzoni non mie, ma legate a ogni paese.
Roberta Usardi
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