“La moglie”, quella Gaza così vicina e lontana
Anne-Sophie Subilia, svizzera e belga, poetessa e narratrice, ha di recente pubblicato “La moglie” (Gabriele Capelli Editore, pp. 157, euro 18).
“I fiori verranno, bisogna prima preparare la terra.”
Gaza, gennaio 1974, un anno dopo la guerra del Kippur. Piper, inglese di origine, si trasferisce per un anno in Palestina con il marito, Vivian, delegato per la Croce Rossa. Le settimane sono scandite da una certa lentezza: l’eterna sabbia da spazzare via, i libri da leggere, qualche breve viaggio col marito, i bagni e le passeggiate al mare, i venerdì sera al Beach Club con gli altri expat.
Piper fatica ad abituarsi agli sguardi indagatori della gente del posto, alla presenza costante dei militari, all’umidità, al niente da fare. Spesso sola per le assenze del marito, la donna scivola piano nella malinconia, e anche il rapporto con Vivian ne risente. Saranno alcuni incontri a ridarle slancio: con la piccola Naima, con l’orfana Albina, la psichiatra Mona e soprattutto il giardiniere Hadj che le farà capire l’importanza di scovare il buono, oltre le apparenze.
È una scrittura lenta quella di Anne-Sophie Subilia che sembra voler andare di pari passo con il lieve profumo di ozio che pervade le giornate di Piper. O che, forse, vuol farci soffermare sui dettagli di una realtà lontana da noi, eppure così vicina, un contesto molto attuale, nonostante la storia sia ambientata negli anni ’70, quando la Striscia di Gaza aveva ancora una sua vivibilità. Uno scenario a cui Piper fa fatica ad abituarsi e al quale nessuno, al di là delle peculiarità culturali e religiose, dovrebbe abituarsi. Quella mancanza di libertà che stride forte con la vivacità e la modernità di Tel Aviv, di tanto in tanto vissuta da Piper e Vivian.
Attraverso i personaggi che Piper incontra, e soprattutto con la figura di Hadj, che da un lato cresce fiori e piante meravigliosi in mezzo al nulla, e dall’altro cerca il fratello da una prigione all’altra, urla forte, e fa quasi male, la necessità di agire e soprattutto quella di trovare tregua e bellezza sempre e comunque, per sopravvivere.
Laura Franchi