“La mia proprietà privata”: ciò che ci appartiene
I fiori son belli quando son vivi
Quando qualcuno muore gli dedichiamo fiori. Sono fiori profumati, lucenti. I fiori sono il miglior regalo che si possa fare, sono come l’uomo, appassiscono piano piano e muoiono.
I fiori forse appartengono ai morti, non puoi strapparli da un cimitero per regalarli. È una questione di proprietà privata.
La proprietà privata
“La mia proprietà privata” (NN Editore, 2021, pp. 119, euro 14,00) è un intimo diario della poetessa e saggista americana Mary Ruefle, un resoconto di ciò che si annida nell’animo umano, una inversione di prospettive che mostra le cose da un punto divista differente.
Prendiamo per esempio delle piccole e povere chiavi, da una serratura all’altra, strappate dal loro guscio come piccole lumache indifese e nessuno ci pensa a loro. Dopo una serratura ce n’è sempre un’altra e poi un’altra ancora.
La tristezza si dissolve al mattino
Il libro della Ruefle si mostra quindi come la tavolozza di un pittore, ricca di colori e sfumature che rendono fluidi i confini tra le cose. La tristezza sarà rosa, sarà nera, sarà verde, avrà il colore del mare, della terra.
“La tristezza verde non pesa più di un fazzoletto pulito, è il silenzio funebre delle ossa sotto il tappeto verde di erba ben tagliata su cui lo sposo e la sposa avanzano gioiosi”.
L’orizzonte della scrittrice ha il sapore della nebbia mattutina nelle notti d’inverno, sfuma i confini, confonde i pensieri e forse va bene così, sostare in una terra di mezzo non è poi così male.
“A Frank non piace l’idea di perdere la testa, la trova una cosa da suicidio; gli piace la sua testa così com’è e intende tenersela. Frank non vuole innamorarsi, né vedere sé stesso né trovarsi, si vede ogni giorno e si trova okay, è esattamente quello che è e che vuole essere”.
Massimiliano Pietroforte