La luce terribile che Apollo ci impone: Edipo Re di De Rosa e Sinisi all’Astra di Torino
Sul palco c’è una quantità di cose affastellate, come in un’acropoli, o in un tribunale. Sette schermi sporchi, in plexiglass, prima in fila come finestre e poi a semicerchio insieme ai neon e a certi pannelli rivestiti di carta dorata. C’è buio e si cerca la luce. Siamo al Teatro Astra di Torino per l’Edipo re di Andrea De Rosa, un successo per la critica e, per noi, una riconferma della prospettiva e degli ideali non solo di questa regia, ma dell’intero gruppo di lavoro che abbiamo avuto il piacere di recensire già l’anno scorso per Processo Galileo. Abbiamo infatti ritrovato Daniele Spanò alle scene, Pasquale Mari alle luci, G.U.P. Alcaro per i suoni, e Fabrizio Sinisi come traduttore. I costumi sono di Graziella Pepe. Lo spettacolo, prodotto da TPE, Teatro di Napoli, LAC di Lugano, Teatro di Genova ed Emilia Romagna ERT, è rimasto all’Astra per quattro repliche, da giovedì 16 a domenica 19 gennaio.
La messinscena è senz’altro coinvolgente, forte, colma, ma è soprattutto complessa: la storia che conosciamo non s’incarna attraverso gli snodi narrativi a cui siamo abituati a dare importanza. L’opera si trasforma, distanziandosi dalla propria essenza, e così per esempio il protagonista non è più Edipo, la pedina, ma Apollo, lo scacchista capriccioso di cui si esalta la virulenta potenza annoiata. Se non si ha mai avuto l’occasione di scoprire questo testo di Sofocle a teatro, partendo da questa resa ci si può sin da subito immergere nella vicenda osservandola però da una prospettiva particolare, arcana e consistente a un tempo. L’operazione che ha portato a questo risultato poneva le sue fondamenta sulla volontà di ricreare a livello performativo la natura più crudele del Dio-Fato che tira i nostri fili a dispetto di meriti e responsabilità, elargendo a priori premi o punizioni; quel Dio che ogni giorno ci manda il Sole e con esso nuove pene. La zona tragica non insiste sulle presunte colpe di Edipo – parricidio e incesto – ma sul potere del destino e sulla catarsi della luce che rischiara tutte le cose: prima delle tragedie evidenti (libertà, famiglia, sessualità), Edipo re è il germogliare di tragedie di luce, ovvero di quei momenti in cui viene svelata una verità terribile che ci coinvolge e sconvolge. E per capire bene questo bisognerebbe forse aver visto anche le Baccanti di De Rosa, un precedente lavoro in cui un altro dio diventava protagonista: Dioniso, l’opposto della luce.
In scena ci sono sette pannelli di plastica trasparente, sporchi e con una riga di vernice bianca ad altezza occhi, di modo che per lungo tempo sia impossibile per gli spettatori fruire altro che non sia il suono, le voci. Man mano e da varie zone dello spazio d’azione emergono Marco Foschi, Edipo; la Giocasta di Frédérique Loliée; e Roberto Latini nei panni di Apollo, Tiresia e dei messaggeri. Completano il cast Fabio Pasquini, Creonte; Francesca Cutolo e Francesca Della Monica, il coro di Tebe.
Davide Maria Azzarello
Fotografia di Andrea Macchia