La linea nigra verso una nuova vita
La messicana Jazmina Barrera torna in Italia con “Linea Nigra” (La Nuova Frontiera, pp. 161, euro 16,50).
“Non sarò mai più sola. Mai davvero sola. Ho provato terrore e gioia (…) Ho pensato: tutto quello che scriverò in questi mesi, tutto quello che farò, ma soprattutto quello che scriverò, lo scriveremo tutti e due insieme. Insieme come non si può essere più insieme: l’uno al centro dell’altra.”
Un diario, quello che scrive la Barrera, che inizia con la gravidanza e si snoda fino all’allattamento. Un diario il cui filo narrativo è il corpo, la sua trasformazione, eppure nel mezzo c’è spazio anche per altro: la malattia della madre, l’arte della madre, i ricordi di infanzia, il terremoto. Un diario su come cerchi di affrontare il naturale corso degli eventi mentre sei in attesa, e poi, mentre sei la primaria fonte di sostentamento di quella vita che hai contribuito a creare. Un diario, soprattutto, con un taglio da collezionista che riporta l’arte e il pensiero di alcune grandi protagoniste del passato e attuali rispetto al tema della maternità: Tina Modotti, Mary Shelley, Frida Kahlo, Virginia Woolf, Margaret Atwood, Natalia Ginzburg, per citarne alcune.
Pagine che mi piace definire aperte, non riservate a quella che a volte viene fatta passare come una setta di donne-madri non accessibile a chi non sperimenta la gravidanza. Sono pagine molto sincere, sul corpo che cambia, il tuo e quello di chi porti in grembo, sul disagio e l’insofferenza che spesso non vengono detti perché si fa fatica a riconoscersi, perché i piani saltano, perché cambiano a volte i rapporti con chi ti sta intorno, perché a volte rischi di sentirti una latteria aperta 8 ore al giorno, un lavoro non retribuito. La sensazione a volte di estraneità rispetto a quanto sta accadendo: chi lo sta davvero creando quel nuovo corpo dentro di te? Non le tue mani. La sensazione, dunque, che la testa non appartenga più al tuo corpo. Due entità distinte che portano avanti processi diversi. E le tue mani continuano a stare ferme. Fino al momento di quella che la Barrera chiama “partenza”: la nuova vita che si spartisce da te, parte per quella che sarà la sua strada. Perché questo nuovo corpo è sì una tua estensione, (fino a quando? Fino a che punto), ma è anche qualcosa di diverso da te, è un a prescindere da te.
“Nella mia pancia si è andata delineando lentamente una linea scura. È detta Linea nigra. Pare che ci sia perché il neonato, che vede con grandi contrasti, risalga la pancia e riesca a trovare i capezzoli. Il mio corpo si sta riempendo di indicazioni per qualcun altro, indicazioni che devono essermi spiegate, perché da sola non so decifrarle.”
Una linea nigra che è in contrasto con la linea alba, quella che quasi tutte le donne hanno per natura, con una tonalità simile a quella della pelle. La maternità come potenzialità, possibilità, scelta. Non obbligo.
Una storia di linee e di asterischi, come l’ombelico che, quando la gravidanza avanza, è tra le cose che la futura madre non riesce più a vedere, sparisce. L’unico segno visibile del fatto di essere a nostra volta vissuti dentro la pancia di nostra madre: “il passaggio dall’essere figlia all’essere madre si manifesta così, come una lenta cancellatura”. La maternità come un cancellarsi e ridisegnarsi, la ricerca di un equilibrio che sarà sempre sbilanciato per quei timori che accompagnano il genitore, e che forse il figlio sentirà solo più avanti, chiudendo un cerchio o, forse al contrario, lasciandolo aperto.
Laura Franchi