“La legge degli spazi bianchi” – I racconti di Giorgio Pressburger
“Abramo Fleischmann aveva amato e ammirato quel fratello da adulto. Quando erano ragazzi, la sua malinconia, la sua propensione alla contemplazione, lo avevano irritato, invece. Non era ancora in grado di capire quale gentilezza e profondità di sentimenti nascondesse la sua apparente abulia. Ora giaceva lì, avvolto in un lenzuolo, secondo l’usanza degli ospedali, una sorta di mummia.”
“La legge degli spazi bianchi” di Giorgio Pressburger (Marietti 1820, 2020, pp.181, euro 16,50) è un libro che parla di vita, di morte, di scelte, di malattie. Nell’opera, il destino, la cura e il dolore si fondono lasciando spazio solo al silenzio. In questa raccolta vengono presentate al lettore cinque storie, cinque casi clinici in cui i medici cercano di dare risposte ad alcuni misteri della medicina. La malattia, in ognuno dei racconti, diviene un simbolo di sofferenza, di speranza, amore, rimpianti, impotenza dell’essere umano di fronte allo scorrere del tempo, al fato e alla biologia del corpo umano. Gli spazi bianchi rappresentano la possibilità, ma anche la perdita. Un libro che provoca nel lettore sentimenti ambivalenti di fiducia e sfiducia, di comprensione ed interrogativi, di amore e di perdita.
“La legge degli spazi bianchi” commuove e fa male, ma insegna; insegna l’importanza della vita, delle ore, della capacità di esprimere sé stessi, di amare. Insegna che il tempo non torna indietro, che l’uomo a volte è da solo di fronte al proprio destino e per tale motivo, finché né è in grado, è bene che assapori ogni attimo della propria esistenza senza lasciare spazio al futuro rimpianto.
Lavinia Narda