“La gioia” di Pippo Delbono dilaga al Piccolo Teatro Strehler di Milano
“Questo spettacolo rinasce dalla morte di Bobò”
Con queste parole Pippo Delbono introduce a Milano al Piccolo Teatro Strehler il suo ultimo spettacolo “La gioia”, entrando in scena appena prima di iniziare.
Che cosa rappresenta “La gioia”? Cosa ci si aspetta da uno spettacolo con un titolo così potente? Una storia, una favola, un percorso? Un po’ tutte e tre le cose e molto altro, perché la gioia è qualcosa di indefinibile, non ha contorni precisi, oscilla, piroetta, danza, fiorisce, scivola via inafferrabile e così si vede nei quadri dello spettacolo, in cui si inizia un vero e proprio “cammino” verso la gioia.
“Le tre cose che non ti permetteranno di raggiungere la luce sono: l’avidità, la collera e la stupidità.” (Buddha)
Di grande effetto è la gabbia che dall’alto cala sulla figura di Delbono, che dalla platea torna sul palco: si tratta della prigione che appartiene agli uomini che hanno tutto, ma che sentono sempre qualcosa che manca, qualcosa che piano piano crea un vortice dentro, una perenne insoddisfazione e una ricerca frustrante. Evocativi i personaggi che sul palco si avvicendano danzando, correndo, con colori e luci brillanti su note melodiose di archi che dinamicamente crescono.
“L’inverno si trasformerà in primavera.” (Buddha)
La gioia è un passaggio, è un attraversamento, così come, anche se metaforicamente, le barchette di carta che uno degli attori, Pepe, con cura posiziona in tutto lo spazio scenico, come se il palco fosse un mare, mentre risuona un’invocazione che sa di preghiera: ”Mare nostro, che non sei nei cieli…”. Poi le barchette vengono tolte e al loro posto Pepe porta sacchi di vestiti, che rovescia e sparpaglia quasi fino a formare un tappeto di tessuto di vari colori per poi spazzarli via. E dopo i vestiti? Dopo arriva la primavera, sacchi di foglie e composizioni floreali che colorano e illuminano la scena.
“Il dolore passa, la tristezza passa, la paura passa. E la gioia? La gioia arriverà e poi passerà anche lei e arriverà di nuovo la tristezza, la paura, finché tutto scomparirà.”
La gioia fa parte di un ciclo continuo, come la vita, si tratta di un momento che innalza chi la prova, che può rimanere anche mentre lascia spazio ad altre emozioni: esiste proprio perché c’è tutto il resto, perché c’è il movimento continuo.
“La gioia conosce solo l’alfabeto della leggerezza.”
Lo spettacolo di Pippo Delbono è denso di immagini, di poesia, di suggestioni; non mancano i riferimenti alla sua compagnia, formata da Dolly Albertin, Gianluca Ballarè, Margherita Clemente, Pippo Delbono, Ilaria Distante, Simone Goggiano, Mario Intruglio, Nelson Lariccia, Gianni Parenti, Pepe Robledo, Zakria Safi, Grazia Spinella e alla storia di alcuni degli attori che vediamo in scena, come Nelson, Ilaria, Gianluca, Pepe, ma in particolar modo a emergere è la storia di Bobò, attore analfabeta sordo muto scomparso lo scorso febbraio all’età di 82 anni, dopo oltre 20 anni nella compagnia. La sua storia viene ricordata così come viene sentita la sua presenza, e non solo con la sua voce, che è a tutti gli effetti parte della compagnia, ma con l’evocazione del segno che ha lasciato e di come Delbono lo portò via dal manicomio di Aversa dopo più di 40 anni di reclusione. Il ricordo di Bobò viene condiviso da Delbono con intensità e raccontando alcuni aneddoti di questo attore speciale.
“La gioia” non è uno spettacolo da capire, non ha in sé parti razionali, è un flusso di immagini, emozioni, è una ruota di colori implementata dalle bellissime musiche, composte da Pippo Delbono, Antoine Bataille, Nicola Toscano e autori vari e arricchita dalle sublimi composizioni floreali di Thierry Boutemy.
In scena al Piccolo Teatro Strehler fino al 9 giugno 2019.
Roberta Usardi