LA CONFESSIONE – Il percorso Dostoevskij al Teatro Franco Parenti
Una stanza con un letto su cui Nikolai Stavrogin sta seduto immerso nei suoi pensieri mentre guarda il pubblico entrare, quel pubblico che rappresenta le sfaccettature della sua anima, a cui non vuole raccontare i pensieri che lo tormentano. Non vuole ricordare e non vuole parlare. Esce quindi di scena, ma rientra poco dopo, cede. E inizia così a raccontare di come abbia consapevolmente elaborato poco a poco nella sua mente l’idea di avvicinare la piccola figlia degli affittuari della sua stanza. Racconta di come la osservasse e di come fosse lasciata spesso a casa da sola.
Stavrogin, dotato da una mente lucida e consapevole, sviluppa poco a poco un’idea oscura e malsana verso la bambina. Sa che può fermarla, lasciar perdere, ma decide – invece – di proseguire, forse per semplice noia, forse per curiosità. Quindi, avvicina la bambina e si approfitta di lei. Questo porterà a un epilogo tragico, che però non lascerà tracce di sensi colpa in Stavrogin o esami di coscienza semmai la profonda certezza di essere salvo dalle accuse. Tuttavia non dimentica, non vuole dimenticare. Sa che potrebbe farlo, potrebbe cancellare quei ricordi dalla sua mente, ma lucidamente desidera portarseli dentro. Del suo oscuro malessere – dichiarato sin dall’inizio – non si ritiene né colpevole né innocente: i suoi tormenti sono voluti, scelti consapevolmente e responsabilmente.
Stavrogin – grazie al grande talento e alla forte presenza scenica di Mino Manni con l’efficace e attenta regia di Alberto Oliva – riempie interamente la scena, la avvolge e coinvolge a 360 gradi, nei silenzi e nelle azioni in un monologo che inchioda e che fa riflettere sulla complessità della mente umana e dei suoi demoni.
LA CONFESSIONE fa parte del percorso Dostoevskij e sarà In scena al Teatro Franco Parenti di Milano fino al 18 febbraio. Si proseguirà poi con le rappresentazioni di “Delitto e castigo” e “Il topo del sottosuolo”.
Roberta Usardi