“La città era piena di rumore” è il terzo album dei Wet Floor
I Wet Floor, band brianzola, hanno pubblicato il 10 aprile il loro terzo album in studio, dal titolo “La città era piena di rumore”, con dieci nuovi brani inediti. Da metà 2018 la formazione è cambiata, con l’ingresso di Stefano Crippa alla chitarra e Fabio Donghi alla batteria insieme ai veterani Andrea “Staglia” Staglianò alla voce e chitarra, nonché autore dei testi, e Luca “Luke” Erba al basso e ai cori.
Il genere è rock italiano e il concept presente in tutto il disco è quello della città del titolo, che già nella prima traccia “Intro” ne fa sentire i rumori in sottofondo alla musica; un’introduzione che promette bene e che si interrompe bruscamente per dare spazio alla potenza di “Icaro”, un brano con un bel tiro. Nel testo la figura mitologica del titolo è l’emblema di una vita fuori controllo, ma anche piena di emozioni e di desideri: “cerco quel brivido che mi tiene distante mentre precipito”.
A seguire, “Solstizio”, che si riferisce al 21 giugno, il solstizio d’estate, la giornata più lunga dell’anno, che proprio perché è più lunga può forse fare la differenza, avere sufficiente tempo per mettere tutto a posto, è una canzone che parla delle difficoltà della vita: “crescere è una condanna, è l’unica cosa che conta”.
“Congiunzione astrale” è una canzone che inizia come una ballad, ma che poi ruggisce, incita a non mollare mai nonostante i fallimenti, nonostante le congiunzioni astrali del titolo abbiano sempre, ironicamente ostacolato la riuscita di un buon esito e la solitudine rimanga l’unica fissa compagna: “e partire per Genova solo perché è l’ultimo treno che resta” è uno dei versi che fa pensare a un lasciarsi andare a quello che succederà.
“L’ultima sigaretta” ha una bella progressione musicale, nei versi emerge il canto che dichiara, quasi in modo incredulo, di come tutti credano in qualcosa, e allora: “facciamo la rivoluzione tenendoci per mano, è questa la rivoluzione o aspetteremo invano?”
“Tokyo” parla del gioco d’azzardo, della dipendenza e di come sia alienante e difficile uscirne: “è un rischio e non so fermarlo, continuo a perdere”.
“La città era piena di rumore” è un insieme di ricordi di tempi passati, in cui si credeva che la città, nel suo rumore, “così tanto da far male”, permettesse sempre di agire: “così convinti che qualcosa può cambiare”.
“Rock Therapy” è uscito come primo singolo il 3 aprile, ha un basso distorto che emerge trascinante e riff potenti di chitarra: “sarebbe molto più terapeutico mandare tutto al diavolo”. L’unico modo per “armonizzare il rumore” interiore è attuare la rock therapy, l’unica possibile.
“Lettere di Natale” è un brano spassoso e pieno di immagini, racconta dei pensieri e le azioni durante il viaggio in macchina verso casa il giorno della Vigilia di Natale: “meglio perdersi, ma insieme, per poi ritrovarsi” e ancora “per un futuro diverso mi sento perso, assuefatto alla rabbia dei giorni persi a rincorrerci”.
“Dono di natura”, una canzone più tranquilla, ma sempre con un bel ritmo, che nel ritornello ha tutto il suo messaggio: “mi proverai a convincere, continuerò a difendere, mi farai dire che è stato così bello che non lo rifarei”.
Nel complesso, un disco che si fa ascoltare molto bene e che riesce ad arrivare in fondo a chi ascolta.
Roberta Usardi
https://www.facebook.com/WetFloorGarage/