“LA CATTIVA SCUOLA” DI AUCI E MACCANI
“La vera sfida, ora, non è solo insegnare ai ragazzi a saper fare, ma è dare loro gli strumenti per pensare in maniera creativa e autonoma”.
Ci troviamo sempre più spesso davanti a una scuola che ha perso la sua funzione educatrice nei confronti dei ragazzi che oggi ricevono una formazione che non li aiuta più ad arricchire la propria personalità, sempre più influenzata dalla tecnologia e dai social. Stefania Auci e Francesca Maccani, sono due insegnanti che, nel loro “La Cattiva Scuola” (Tlon 2017, pp. 95, euro 8), fanno sentire il loro disappunto – comune a molti insegnanti che credono in quello che fanno – riguardo al viaggio senza ritorno della formazione individuale che le leggi – dalla Moratti nel 2003 a quella del governo Renzi nel 2017 legge 107 – hanno fatto intraprendere alla scuola.
L’idea di scuola, rispetto a circa un ventennio fa, oggi è affiancata a quella di azienda, a causa delle interferenze politiche, deve tagliare le spese a scapito di materie come Storia dell’arte, educazione musicale e altre, che sono state abolite dimenticando che l’Italia è uno dei Paesi dell’Arte! Chi ne paga le conseguenze è principalmente l’alunno e poi l’insegnante, in continua ricerca di ciò che è giusto o sbagliato, di etica o pecunia facendo diventare il lavoro sempre meno coinvolgente quale dovrebbe essere. L’alunno è ormai standardizzato, il suo essere pensante messo in secondo piano per favorire il prodotto, come in una vera fabbrica di robot. Scuola uguale bene di mercato, preside uguale manager – risultato uguale individuo con un bagaglio culturale impoverito, incapace di comprendere un articolo di giornale, incapace di usare un lessico forbito.
Bisogna capire che più ore, più materie, più educazione formeranno gli uomini di un domani qualitativo rispetto a ciò che si è creato nell’ultimo ventennio. Gli insegnanti al momento del loro reclutamento dovrebbero potersi formare sul campo per poi potersi relazionare in modo corretto con quelli che saranno i loro alunni e genitori compresi, per poter imparare come si crea il famoso rapporto di fiducia e collaborazione. Bisognerebbe, a mio avviso, creare una scuola con le caratteristiche della Città del Sole di Campanella, allora sì che l’Italia diventerebbe un modello da imitare e tutti vivrebbero meglio.
Marisa Padula