“La casa grande” – Il capolavoro di Álvaro Cepeda Samudio

Nato a Barranquilla, Colombia, Álvaro Cepeda Samudio (1926-1972) è uno dei maggiori rappresentanti, insieme a Gabriel García Márquez, della Nuova Narrativa Latinoamericana. L’opera “La casa grande” (Castelvecchi, Roma 2019, pp. 163, euro 17, 50), che viene ora tradotta in italiano da Alessandro Secomandi, è considerato il suo capolavoro.
Uno dei temi principali del racconto è costituito da un evento storico, il massacro, ad opera dell’esercito, degli operai colombiani della United Fruit Company, la famosa società bananiera americana, durante lo sciopero del dicembre 1928. Il secondo tema sono le vicende della ricca famiglia di proprietari terrieri che abita la Casa grande, appunto. Le due vicende procedono in parallelo senza incontrarsi realmente, l’unico punto di connessione essendo rappresentato dalla relazione tra la Figlia e un soldato del contingente venuto a reprimere lo sciopero, al quale ella si concede in odio al Padre. I due eventi principali vengono così a costituire due blocchi apparentemente autonomi. Da un lato conosciamo i dialoghi tra i soldati, le loro paure e perplessità di fronte al compito assegnato, al quale tuttavia non possono sottrarsi, perché sono ingranaggi di una macchina creata al solo scopo di opprimere. Dall’altro assistiamo alle vicende di una famiglia costituita da donne votate alla sottomissione e da un Padre padrone. La natura violenta del Padre, venuto a conoscenza del comportamento della Figlia, non si smentisce. Preda di una furia beluina, il Padre colpisce violentemente la Figlia ribelle e non più vergine, costringendola a un matrimonio riparatore. Frutto dell’odio, questo matrimonio genererà altrettanti figli vissuti nell’odio e nell’odio educati. Il tutto viene svolto da Cepeda Samudio adoperando un modulo narrativo di estrema bellezza, ma nello stesso tempo difficile, allusivo e molto spesso ellittico, in cui le vicende e i personaggi reali finiscono per uscire dal contorno storico per trasformarsi in simboli, al punto che nessuno dei protagonisti ha un nome proprio. Essi appaiono piuttosto la manifestazione di forze e pulsioni ancestrali, le stesse che insanguinano la terra fin dal primo apparire della razza umana. È facile capire, a questo punto, che esattamente questo odio e queste pulsioni violente e inarrestabili costituiscono lo sfondo e il motivo conduttore dei due blocchi narrativi dell’opera, il racconto della repressione dello sciopero e quello delle vicende della Casa grande. Benché molto giovane, Cepeda Samudio poté assorbire gli echi del massacro del 1928, e il resto della vita trascorso in Colombia lo vide testimone di una violenta guerra civile mai completamente sedata. Come gli antichi Greci, Cepeda Samudio sembra cercare nel mito la spiegazione o meglio la fondazione, al di là del tempo e dello spazio, di vicende che appaiono la mobile immagine di un eterno e immodificabile destino di dolore.
Luciano Albanese
Dipinto copertina di Diego Rivera