La bellezza e la follia dell’arte all’Eliseo
In un luogo dell’assenza – dove predomina un bianco dilaniante per gli occhi, pesante per il respiro e assordante per la mente, dove la campagna senza tempo è percepita e presente nell’assenza e i corvi sono lì – li vediamo e quasi li aspettiamo, ci appaiono senza vederli – Vincent Van Gogh è annichilito in posizione fetale sul pavimento, rotolando su quel confine indefinito tra lucidità e follia, tra il tangibile e l’onirico, nel periodo che precede la sua morte.
Appare Theo, suo fratello – un Massimo Nicolini direttamente uscito dall’ autoritratto/ritratto del fratello che Van Gogh realizzò nel 1887. E da qui comincia la performance di Alessandro Preziosi, un atto unico – con la regia di Alessandro Maggi – di un’energia rabbiosa che gli parte dalle ossa di tutto il corpo e che ci trasmette all’istante con gli occhi, con i piedi e con le mani. La rabbia di una prigionia incompresa in un dove opposto al sogno della sua Casa Gialla di Arles, una prigionia inaccessibile, in cui è costretto all’esilio forzato dalle sue tele e dai suoi colori. In un andare, a volte troppo lento, di questo acuto testo di Stefano Massini, Preziosi riesce a incalzare e a scandire il ritmo forzandolo e determinandolo nella fatica di divenire altro da se stesso, un artista. Van Gogh.
Arrivano gli altri personaggi come brusii fastidiosi del mondo esterno ad abbassare il tono, a deteriorare questo candore di follia. Sono gli infermieri del manicomio Saint Paul de Manson in Provenza seguiti dal dott. Peyron – Francesco Biscione – che mitiga per un attimo la follia di questo personaggio socialmente placido. Tre momenti cruciali dai toni differenti per uno spettacolo dall’andamento incostante che ruota intorno a un’allucinazione, sulla scena di Marta Crisolini Malatesta che rimane per tutto il tempo una tela su cui vomitare quei colori che ti entrano dagli occhi in un’attraversamento ora di luce ora di parola.
VINCENT VAN GOGH – L’ODORE ASSORDANTE DEL BIANCO, una produzione Khora Teatro in scena al Teatro Eliseo di Roma fino a domenica 4 marzo.
Marianna Zito
Foto di Manuela Giusto