Joe Sal e il nuovo singolo “Beautiful Light” – L’intervista
Joe Sal, nome d’arte di Giorgio Salati, è un cantautore e musicista rock milanese nonché sceneggiatore di fumetti e serie animate. Lo scorso 3 luglio é uscito il suo nuovo singolo, dal titolo “Beautiful Light”. Abbiamo fatto qualche domanda a Joe Per andare più a fondo nella sua musica.
“Beautiful Light” e il tuo nuovo singolo, un brano che incoraggia a vedere la bella luce nonostante le “thorn and spikes” che la vita dissemina, che forma ha la tua luce e quali sono stati i momenti più irti della tua carriera che sei riuscito a superare?
La mia luce è la musica, l’arte. Ci sono stanze della nostra mente che restano spesso al buio, e aprire un varco con una canzone, con una storia, con un dipinto, serve a fare entrare quella luce che dà forma a oggetti altrimenti confinati nell’oscurità. La vita di un musicista è costantemente costellata di momenti bui e di luce. Uno dei momenti bui che mi sovvengono in questo momento è stato quando dopo il 2010, chiuse alcune esperienze musicali, non sapevo cosa volevo fare e come esprimere la musica che avevo dentro. Per questo col tempo ho maturato la decisione di ripartire da capo, con un progetto solista.
“Beautiful Light” ha un rimando a Milano, con il lyric video che mostra i bellissimi dipinti di Tom Porta tratti dalla collezione Extinction Agenda, che rapporto hai con la tua città?
Il classicissimo rapporto di amore conflittuale. Di questa città amo la periferia dei muri scrostati, costellati di graffiti e rampicanti, come amo i suoi palazzi Liberty. Amo la sua vocazione cosmopolita determinata da millenni di scambi commerciali col resto d’Europa come amo il passato delle osterie di Gaber e Jannacci. Amo l’ironia amarognola dei vecchi milanesi come l’energia vitale dei nuovi cittadini arrivati da ogni parte del mondo. Ma questa città sa anche deluderti, con lo sfoggio delle apparenze, il mito del benessere, l’ipocrisia altoborghese. Il mio rapporto ambivalente con Milano è facilmente esemplificato dal tema dell’edilizia: da una parte detesto la follia edile, la corsa a costruire alienanti grattacieli che rimarranno vuoti, la scarsa attenzione ai diritti di chi non può permettersi abitazioni lussuose, ma dall’altra parte sono affascinato dalle nuove architetture come dai vecchi edifici abbandonati. Insomma la gentrificazione mi spacca in due.
Hai sempre scritto in lingua inglese?
Praticamente sempre. Le prime canzoni che ho scritto erano con i Round ‘n’ Round, il mio gruppo adolescenziale. Volevamo essere i nuovi Aerosmith – che ridere! – pertanto scrivere in inglese sembrava la cosa giusta. Poi ci furono i KickStart, che avevano comunque come punto di riferimento l’hard rock anglo-americano. Credo che scrivere in italiano non ci fosse mai nemmeno passato per la testa. Praticamente nessuno del giro hard rock / punk rock / glam che si era andato a formare in quegli anni (specialmente attorno al collettivo Cathouse) scriveva in italiano. Per quanto riguarda questo mio progetto solista l’idea che avevo inizialmente in testa era di non pormi come cantautore italiano ma nemmeno come emulo di band americane. Diciamo piuttosto un musicista “europeo”, per cui anche stavolta la scelta di scrivere in inglese è arrivata con naturalezza. Ultimamente però sto facendo un pensierino sullo scrivere in italiano, perciò non escludo che in futuro non accada.
Se potessi far parte di una rock band che ha fatto la storia musica, quale sceglieresti? In qualità di chitarrista o cantante?
Così a bruciapelo mi vengono in mente i Free. Band inglese a cavallo tra gli anni ’60 e ’70 sottovalutatissima. Sono quelli di “All Right Now”, per intendersi. Una band scarnissima, quattro hippie che suonano il rock blues. Ci cantava un giovanissimo Paul Rodgers, sexy e graffiante, prima che si imborghesisse. Una band favolosa con delle canzoni pazzesche, melodie struggenti e arrangiamenti asciutti ed efficaci. Non mi dispiacerebbe con una magia ritrovarmi a cantare con loro sul palco all’Isola di Wight.
Il tuo primo EP è “Live at Scimmie”, uscito nel 2014, da dove venne l’idea di una registrazione dal vivo?
Come ti raccontavo poco sopra, è arrivato a un certo punto un momento in cui ho sentito il bisogno in qualche modo di ricominciare da capo. Ho abbandonato quindi l’idea della band e per qualche tempo sono andato in giro per localini di Milano da solo, voce e chitarra. Ho quindi deciso di registrare una di queste date in un locale storico (che – ahimè – non c’è più) per avere testimonianza di questo periodo di transizione. Avevo bisogno di capire se nella forma più scarna possibile, una voce e una chitarra, le mie canzoni funzionassero. Solo successivamente ho deciso di mettere in piedi una band. Il primo che ho contattato è stato il bassista Luca Cristofaro, poi in studio il batterista è Ares Cabrini, mentre dal vivo è Diego Mariani. A completare la formazione c’è mio fratello Ettore Salati, alla chitarra solista.
Quanto l’incontro con Alex Carpani e il tour in giro per il mondo ha influito sulla tua musica e la tua crescita come artista?
Be’, molto, devo dire. Ho avuto fortuna, perché mio fratello Ettore suonava con Alex già da tempo. Quando iniziarono a collaborare con David Jackson dei Van Der Graaf Generator cercarono un cantante e frontman che potesse affrontare anche il repertorio dei Van Der Graaf. Questo mi ha portato a suonare un bel po’ in giro. Ho imparato moltissimo, mi sono divertito moltissimo, ho fatto anche molta fatica. Esperienze del genere ti insegnano a suonare un po’ in qualsiasi situazione, anche se non hai dormito, anche se hai viaggiato in condizioni scomode, anche se è il quarto concerto di fila col mal di gola e non ti ricordi più se ti trovi in Germania o in Belgio. Per dire, quando abbiamo suonato in Brasile per vari imprevisti burocratici ci siamo trovati a partire senza bassista e abbiamo dovuto ingaggiare un (bravissimo) bassista brasiliano. Siamo arrivati a Sao Paulo la mattina dopo tipo 23 ore di viaggio, quel pomeriggio abbiamo provato con il bassista e il giorno dopo abbiamo suonato davanti a migliaia di persone… ed è stato un trionfo. E ti assicuro che i pezzi dei Van Der Graaf sono DAVVERO complicati!
Quali sono i tuoi vocalist di riferimento?
Chris Cornell, Paul Rodgers, Stevie Wonder, Janis Joplin, Jeff Buckley, Robert Plant, Steven Tyler, Steve Lee, Aretha Franklin, Glenn Hughes… e mezzo cast di Jesus Christ Superstar!
Quali sono i tuoi prossimi progetti in studio e dal vivo?
Ho diverse altre canzoni da far uscire un po’ per volta, devo solo decidere quale sarà la prossima. Dal vivo ho appena ricominciato… Come sai col periodo Covid e lockdown la musica live si è praticamente fermata, un sacco di locali hanno chiuso i battenti, eventi annullati… La prima data fissata è il 6 settembre al 6500 di Bellinzona, ma nuove date arriveranno.
Con chi ti piacerebbe duettare?
Non mi dispiacerebbe sperimentare qualcosa di nuovo e duettare con uno dei pochi veri cantautori rimasti in questo paese: Caparezza.
Roberta Usardi
Fotografia di Markus Sottocorona
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