#ioleggoacasa – “L’anno del pensiero magico” di Joan Didion
“As I remember you/We stood there together on a high windy slope/
Our faces to the weather and our hearts full of hope…” – John MacFadyen
In questi giorni di quarantena molti editori mettono a disposizione i loro e-book, grazie ai quali ci troviamo di fronte letture diverse, che possono diventare vere e proprie scoperte o letture del passato che sono sfuggite ai nostri occhi. Grazie a il Saggiatore ci siamo immersi nella lettura del libro di Joan Didion, “L’anno del pensiero magico” (il Saggiatore Tascabili 2008, pp. 163, euro 9, traduzione di Vincenzo Mantovani; ultima edizione il Saggiatore, 2017, pp. 200, euro 18).
La vita di Joan Didion – giornalista di Vogue negli anni ’60, esponente del New Journalism, autrice e icona americana – cambia improvvisamente a New York, nel dicembre del 2003 con la morte del suo amato marito, lo scrittore John Gregory Donne, e la malattia di sua figlia Quintana. Un cambiamento repentino, inaspettato, che non le lascia neanche il tempo per capire e pensare; ma la immobilizza, incredula, in una lunga attesa, impedendole “di credere veramente che fosse accaduto” e, quindi, di superarlo.
Nasce questo libro autobiografico, una sorta di saggio del lutto e del dolore, che la scrittrice definisce “un tentativo per raccapezzarmi”, ma che diventa anche uno scrigno di ricordi, di pensieri scritti e scatti fotografici della sua vita con John e che, al tempo stesso, cambia tutte le sue idee preconcette sugli avvenimenti dell’esistenza e soprattutto sul dolore, sulla perdita e tutto ciò che ne consegue. Prima fra tutte le cose: la solitudine. Comincia, dopo la morte di un compagno, una vita nuova, diversa, in cui decadono tutte le abitudini e dove non solo scompare l’altro, ma tutto ciò che l’altro portava con sé, “le nostre giornate erano piene del suono delle nostre voci”. E poi, il silenzio. E ancora i sensi di colpa, le supposizioni, le previsioni mancate.
E allora, perché ciò che subito ne segue diventa l’anno del pensiero magico?
Joan Didion, come un fiume in piena, racconta i suoi pensieri più intimi, le sue paure e le sue speranze; analizza il lutto, il dolore e la mancanza da tutte le angolature: le cadute, i rifiuti e le risalite, fino a giungere a una sorta di comprensione e di stabilità, fino ad abituarsi – arrendendosi – al cambiamento.
Marianna Zito