#ioleggoacasa – “Acquadolce” di Akwaeke Emezi
“Acquadolce” (Il Saggiatore, 2018, pp. 264, euro 22) è un romanzo in equilibrio tra l’Africa e l’America, tra lo spiritualismo e la malattia psichica, una storia singolare di Akwaeke Emezi, che invita il lettore europeo ad accostarsi alla religione Africana.
Ada non è una giovane nigeriana come tutte le altre: è figlia della grande madre pitone Ala, e Smoke e Shadow vivono nella sua mente sin da quando è bambina, reclamando dei tributi di sangue che la inducono all’autolesionismo. Nonostante ciò Ada ha una vita piuttosto ordinaria sino a quando un trauma genera altri due spiriti. Asughara è un potente spirito femminile: mangiatrice di uomini, spericolata, sfrontata e disposta a tutto per proteggere Ada e gli altri spiriti, ma anche un’entità autodistruttiva che indurrà la protagonista a tentare il suicidio. Saint Vincent è uno spirito maschile, connesso al fatto che Ada si compiaceva da bambina ad assomigliare a un maschio, e sessualmente attratto dalle donne; vive represso nella camera di marmo perché Asughara vuole tenerlo nascosto al mondo, ma – tra tutti gli abitanti della mente di Ada – è il più razionale.
Gli spiriti possono prendere il controllo della timida e tenera Ada e indurla ad una vita sregolata di alcool, droghe, sesso e disturbi dell’alimentazione. Secondo la scienza Occidentale Ada è malata e soffre di disturbi della personalità: “Alla fine Ada si sarebbe resa conto di ciò che le dicevo io: non aveva bisogno che la gente capisse; aveva solo bisogno di noi. Lasciai che si documentasse sui disturbi della personalità, e ogni tanto le dicevo di smettere di cercare, anche se sapevo che non mi avrebbe ascoltata.” Ma Ada è semplicemente una persona che custodisce dentro di sé delle creature soprannaturali, secondo l’animismo africano è una dea.
A un lettore europeo, l’incipit del libro risulta incomprensibile poiché non è avvezzo al politeismo e al mondo degli spiriti, ma dopo poche righe comprende le dinamiche della religione africana e accetta con entusiasmo le caratteristiche del mondo che l’autrice ha costruito per lui. “La prima volta che nostra madre venne a prenderci strillammo. Noi eravamo tre e lei era un serpente, avvolta a spire sulle piastrelle del bagno, in attesa. Ma avevamo passato l’ultima manciata di anni credendo al nostro corpo – pensando che nostra madre fosse qualcun altro, una umana smilza con gli zigomi imbellettati e grandi occhiali a fondo di bottiglia. E così strillammo. Le demarcazioni non sono granché chiare quando si è nuovi.”
In Africa le religioni locali convivono con le grandi fedi monoteiste, pertanto è presente anche il Cristianesimo, in cui Ada e altri personaggi del libro credono fortemente. Si tratta tuttavia di un Cristianesimo molto diverso da quello europeo, in quanto Gesù viene considerato uno dei tanti spiriti della religione africana, inoltre viene criticato perché non esaudisce le preghiere dei fedeli, con un atteggiamento che un credente europeo definirebbe irriverente. “Lo conoscevamo; sapevamo che si chiamava Yshwa, sapevamo che somigliava a tutti, in una volta sola, in qualsiasi momento. Sapeva cambiare faccia come un fantasma. Era impossibile, sapevamo anche quello, che lui non la sentisse. Sente ogni preghiera che gli si farfuglia strilla canta. Spesso, al contrario di quel che si crede, non risponde.”
Il romanzo ritrae alcuni aspetti della cultura africana, ma non è un’opera figlia del continente nero, perché l’autrice ha studiato alla New York University ed è dunque stata fortemente influenzata dalla cultura occidentale. Anche Ada si è trasferita in America per studiare e frequenta gli studenti del college che provengono da altri paesi; il romanzo pertanto racconta la storia di una migrazione e di come le radici africane sopravvivono in un altro continente. “«Ti immagini come sarebbe nostro figlio?» «Come, con la pelle marrone e le lentiggini?» disse Ada con un risolino. «Un pel di carota afro.»”
“Acquadolce” è un romanzo di disagio interiore, di sregolatezza, di sesso sfrenato ed è difficile prevederne il finale. A un certo punto della vicenda il lettore è indotto a credere che Ada sia un transessuale perché è animata da uno spirito maschile che decide di farsi ridurre il seno, ma si tratta solo di pregiudizi legati alla nostra cultura occidentale, stereotipi che si devono abbandonare, per gustare la lettura e cogliere il senso profondo del libro. Uno straordinario romanzo d’esordio che merita di essere letto, in primis per la sua originalità.
Valeria Vite