“Io vi salverò”: la (non) salvezza ai tempi dei social
Valentina Camerini, poliedrica scrittrice milanese, ha di recente pubblicato “Io vi salverò” (Mondadori, 225 pagine, Euro 17,50), un romanzo in tre tempi. Lui. Lei. Loro.
“La menzogna è un cappotto comodo, difficile levarselo di dosso”.
Lui è Sebastian, mago della comunicazione, uomo di successo in qualche modo segnato dalla scomparsa tragica e prematura dei genitori. Un bel loft in cui vivere, con la moglie Ania, il figlio Giulio, il cane Amleto. Milano sullo sfondo.
Lei è Ania, ingegnere ucraina che per amore di Sebastian viene in Italia. Si dedica alla casa, al figlio, a evitare le altre madri e le convenzionali attività, tanto nel mondo reale quanto in quello social.
Loro sono una famiglia che, crollato il mondo lavorativo di Sebastian, si deve ricostruire, ma per farlo deve prima riscoprirsi come nucleo tenuto insieme da qualcosa che vada oltre l’inerzia e le abitudini. Sebastian, Ania, Giulio e Amleto lasciano il loft che non possono più pagare, e si mettono in viaggio in macchina con l’idea di arrivare in Ucraina e lì trovare un modo economico di vivere, fino a che la tormenta social, in cui Sebastian si è ritrovato coinvolto per una campagna di comunicazione andate male, non si placa.
Ma non arriveranno in Ucraina, non subito almeno.
Tra Ungheria e Romania, Giulio si ammala. La famiglia trova riparo in una villa abbandonata, in cui irrompe un altro “loro”. Sono Hamida, Yousef e Tariq, famiglia in fuga dalla guerra civile che devasta la Siria. Iniziano una convivenza e un’amicizia fatte di racconti e supporto che portano a una solidarietà reale, a un conforto reciproco. Fino a quando Sebastian, grazie a quei social che lo avevano fatto a pezzi, vede nascere nuove opportunità. E sarà quella l’occasione per mostrare tutto quello che ha imparato e, soprattutto, scelto di vedere.
“Come bisognerebbe sentirsi mentre ti stai lasciando alle spalle una vita intera diretto verso l’incerto, e provi a rassicurarti pensando che è solo un passaggio, perché quella casa è tua, la tua città, il tuo posto nel mondo, e ti appartiene per il modo in cui hai contribuito a crearlo, e allora che cosa dovresti provare esattamente mentre te ne vai?”
Lungi dall’essere la storia della propria famiglia, “Io vi salverò” è però, per stessa ammissione della Camerini, in qualche modo influenzato dalla storia del bisnonno dell’autrice che, negli anni ’30, si trova costretto a emigrare dall’Italia al Brasile, perdendo il proprio Paese e tutto quello che contiene. Che fare dunque se un giorno, per un qualunque motivo, ci si ritrova a perdere tutto? Tutto, letteralmente. Camerini affida a queste pagine una possibile opzione: incamminarsi e andare avanti, certamente. E lo fanno entrambe le famiglie protagoniste del romanzo. Ma anche imparare a riconoscere il nocciolo delle questioni, ripulite dalla morale presunta, dal chiacchiericcio costante. Guardarsi e guardare, con un occhio e una mano aperti su ciò che merita di essere compreso, usando in modo idoneo i mezzi che si hanno.
“Non so più dove sono i miei fratelli, non ho più un paese e mio figlio è destinato a crescere come un indesiderato, assillato dal domani incerto, ma a nessuno importa nulla”.
Camerini ci canta infatti una canzone un po’ stonata, quella di un mondo che sembra succedere solo sui social, capaci di stabilire un metro di giudizio tutto loro. Oggi ti vogliono morto, domani ti danno un lavoro. E intanto, la vita reale, coi suoi disastri reali, restano sullo sfondo. Senza davvero puntare il dito su nessuno, Camerini lascia che sia Sebastian ad aggiustare la melodia di questa canzone, riportando il giusto ordine delle cose.
E cos’è giusto? Ci si arriva da soli.
“Non ho più bisogno di piacere a nessuno e questo mi rende ai vostri occhi un mistero incomprensibile, riportandovi ogni giorno sui miei profili. (…) Con i vostri telefoni potreste vedere morire Aleppo, invece vi connettete per guardare me, mia moglie e mio figlio. Persino il mio cane vi interessa di più. Continuate a farlo, se questo è l’unico contributo che potete dare. Non ci proverò neppure a spiegarvi che vi indignate per le ragioni sbagliate”.
Laura Franchi