“Io ti porterei”, un ultimo viaggio
“Io ti porterei” (Castelvecchi editore, 2024, pp. 134, Euro 17,50) è il nuovo romanzo di Nicola Mariuccini, che già dal 2015 ha esordito come autore.
“Le poche pagine che seguono sono scritte per i pochi viaggiatori che vogliano impiegare un po’ del loro prezioso tempo per capire se quella macchina scura stesse andando verso qualcosa che dovrà succedere o non fosse semplicemente un rimbalzo all’indietro verso qualcosa che sia già accaduto o forse che non era stato fatto.”
Padre e figlio partono per un viaggio un po’ speciale: riportare a Conca Valbruna le ceneri di Liboria, rispettivamente madre e nonna, per farla riposare accanto al marito, dal quale tuttavia è più volte fuggita. Oltre che speciale, il viaggio è rocambolesco: le ceneri di Nilde, così è da tutti conosciuta la donna, a distanza di molti anni, verranno comunque riportate a casa con feretro e carro funebre, tra intoppi e incidenti vari. Ma soprattutto, il tragitto si fa pretesto per ripercorre la storia personale della donna, inevitabilmente legata a quella del Paese. Nell’Italia degli anni Quaranta Liboria vuole divorziare e cambiare vita. E vuole farlo a tutti i costi. Non saranno i figli né le scampanate della gente del posto a decidere per lei, a tenerla legata a un luogo, perché a muoverla è la ricerca dell’indipendenza, e quell’istinto alla fuga che l’accompagna da quando scopre di non essere figlia di chi ha sempre creduto.
“(…) a fare questa cosa, a riappropriarsi del proprio amore verso la madre, a ricomporre un giudizio giusto e sereno nei suoi confronti.”
Due generazioni di uomini si confrontano, e fanno i conti anche con la matrice storica e culturale in cui ogni coscienza inevitabilmente si forma. Liboria nasce nel 1910 da una relazione extra coniugale del padre di cui lei verrà a conoscenza solo in avanzata adolescenza. Questa scoperta forse le imprime la volontà di farsi una vita sua quanto prima, ma è un desiderio che si scontra con le leggi dell’epoca, con la morale dell’epoca. E la porta a fare scelte forse non sempre felici, ma comunque percepite come una scappatoia, e che si troverà a dover pagare.
In un racconto che si allarga e si fa corale, tra zie, cugini, vivi e defunti, screzi, salti temporali e parentesi aperte, Maruccini mescola storia, filosofia e fantasmi (ebbene sì!) per lanciare un messaggio molto chiaro: occuparsi di chi non c’è più aiuta talvolta a rendere più chiara e semplice la vita di chi invece ancora c’è, a sciogliere dubbi, trovare risposta a domande rimaste in sospeso.
Laura Franchi