“IO SONO IL FOTOGRAFO. BLOW-UP E LA FOTOGRAFIA” – DA CORTÁZAR AD ANTONIONI
“Fra i molti modi di combattere il nulla, uno dei migliori è quello di scattare fotografie”
“Blow-up” il simbolico film di Michelangelo Antonioni del 1966 ci viene raccontato affiancato dal meraviglioso e minuzioso racconto che ne ispirò le riprese “Le bave del diavolo”, dove Julio Cortázar ci spiega l’occhio del fotografo in quel preciso istante in cui è pronto a non perdere l’attimo, il particolare, con la sua Contax I.I.2. È novembre, siamo a Parigi e il protagonista, Roberto Michel, ci mette di fronte alla fugacità di un attimo, lo immortala cambiandone imprescindibilmente il corso. Stesso sguardo e stessa fugacità che ci ripropone Antonioni che dirama il racconto di Cortázar, fino ad arrivare alla stesura della sceneggiatura insieme a Tonino Guerra ed Edward Bond.
In questo prezioso volume “Io sono il fotografo. Blow-up e la fotografia” edito da Contrasto (2018, pp. 199, euro 24,90), accanto al racconto di Cortazár, troviamo la trascrizione ampliata e completa, che precede la sceneggiatura finale, con fotografie delle bozze originali e quelle utilizzate sul set, che nascono dalla macchina fotografica di Don Mc Cullin. A copletare il libro, seguono materiali inediti e saggi, come quello di Philippe Garner che definisce la natura ingannevole dell’immagine fotografica analizzata da Antonioni, in rapporto all’ambiguità della vita stessa: le foto ingrandite si sgranano diventando sempre meno comprensibili, come la spensierata vita londinese di Thomas, il protagonista del film che inavvertitamente fotografa un delitto senza spiegazione o punizione alcuna, interpretato dall’attore David Hemmings e la cui figura si ispira all’artista Ian Stephenson. Antonioni decostruisce le immagini avvicinandosi in tal modo al confine che delimita il contatto tra fotografia e arte. Segue il questionario che Antonioni sottopose agli artisti per arrivare a definire la figura del protagonista e degli altri personaggi e ancora la relazione di Anthony Haden-Guest sul mondo dei fotografi e sulle loro abitudini, commissionata probabilmente dallo stesso regista. È coinvolto anche Francis Wyndham con un’altra relazione sui fotografi di moda nel quartiere londinese dell East End della seconda metà degli anni ‘60, come Brian Duffy, Terence Donovan e David Bailey. Il saggio di Walter Moser è sulla figura del fotografo a Londra, la distratta Swinging London della rivoluzione beat, seguono le parole di Ernesto Franco, traduttore di Cortázar, che tesse il legame tra l’autore argentino e il regista italiano che hanno, in questo caso, come punto in comune, la fotografia. Goffredo Fofi ci parla dell’eccelenza di cinema e teatro dell’Italia di quegli anni. Infine, l’intervista di Alberto Moravia a Michelangelo Antonioni che apparve sull’Espresso del 22 gennaio 1967: “…il delitto ricade nella realtà delle cose che pur essendo accadute non riguardano veramente nessuno”. L’attenzione alla realtà è il tema che unisce lo scrittore al regista.
Marianna Zito