IO NON SONO UN GABBIANO al Teatro Menotti di Milano
Il capolavoro di Anton Čechov – che abbiamo visto al Teatro Menotti di Milano – è al centro del nuovo lavoro della compagnia Oyes, che si concentra e sviscera le personalità dei vari personaggi partendo da un inizio spiazzante, che vede il funerale di Irina Nikolaevna Arkadina, attrice con un passato di successo alle spalle e madre del protagonista Kostja, che sta cercando di farsi strada nel teatro come drammaturgo. Il funerale è il punto di partenza per una commemorazione/show da dove inizia la fuoriuscita dei sentimenti e di infelicità di ciascuno dei personaggi.
In primis di Kostja, interpretato dal bravo Francesco Meola, che da subito – dal suo sguardo, dal suo silenzio – capiamo essere invaso da irrequietezza e tormento; il monologo che ha scritto per Nina qui diventa una celebrazione di sua madre, che inevitabilmente fallisce così che lui scoppia, si esaspera, si denuda, si prostra per tentare di raccogliere i frutti del suo amore, ma senza successo. Perché Nina è attratta dal vero artista, dallo scrittore Trigorin, che le chiede che cosa sia disposta a fare per realizzare il suo sogno di diventare attrice (“tutto” risponde lei) nonostante la verità sia ben più crudele, e per questo non accettabile. Il maestro Medvedenko, un memorabile Dario Merlini, tenta in ogni modo di dimostrare il suo rilievo culturale e di come sia competente nella sua professione (“io studio, non improvviso”), volendo aggiudicarsi così, senza buon esito, l’amore di Masha, innamorata di Kostja, ma da quest’ultimo implacabilmente rifiutata. Si parla d’amore, si soffre d’amore, si ama a vuoto e il medico Dorn ne spiega l’anatomia descrivendo il cuore come un organo piuttosto brutto, che prende e sputa sangue e basterebbe un nonnulla, basterebbe che si fermasse un solo attimo per creare disastri. Interessante anche l’interpretazione di Sorin da parte di Fabio Zullo, che improvvisamente scopre dagli altri di essere morto e non ci crede e non riesce ad accettarlo, tenta di scappare dalla realtà, di avere un altro giro di vita. E Jakov, l’operaio – beh – lui assiste, pulisce, osserva l’intrico dei personaggi, i loro tentativi di avere risalto, di poter emergere, di poter esaudire i loro desideri, ma inutilmente. Lui è il tecnico dei loro numeri da karaoke, pulisce là dove sporcano, passando spesso inosservato. In scena ci sono solo loro gli attori, non c’è bisogno d’altro per il vortice emotivo che li scuote, dei loro tentativi di emergere.
Un esperimento riuscitissimo quello dell’adattamento del testo cechoviano elaborato da Stefano Cordella, che cura anche la regia e che centra in pieno il messaggio del drammaturgo russo. Di grande impatto l’intero cast, formato da Francesco Meola, Camilla Pistorello, Umberto Terruso, Dario Merlini, Dario Sansalone, Camilla Violante Scheller, Daniele Crasti, Fabio Zulli che tra le risate fa emergere un punto di vista intelligente che vuole portare alla ribalta anche il mondo dei sentimenti di oggi.
Roberta Usardi