IO MI LIBRO – L’ARTE DI SAPER RIDERE
Attratto dalla copertina e dal titolo accattivante, ho aperto il libro di Alessandro Pagani, Io mi libro (96, rue de La-Fontaine Edizioni, 2018 per la collana Il lato inesplorato) e ho cominciato a “sfogliarlo”. Lo confesso, è stato un imbroglio riuscito, perché solo dopo qualche pagina mi sono accorto che non stavo scorrendo l’indice né l’indicazione dell’argomento dei vari capitoli, ma il libro stesso, perché Io mi libro non è un romanzo d’amore, né un racconto d’avventure, non è un fantasy né un saggio né un noir ben fatto né un giallo d’autore, ma una raccolta di freddure, di giochi di parole, di battute.
Infatti, la “freddura” è una battuta scherzosa, un sinonimo di barzelletta, un qualcosa che non ci porta però alla sguaiata risata da osteria, ma una sottile associazione di parole che, di colpo, mischiano le etimologie per assumere un diverse significato, quasi sempre che non ha nulla a che fare con l’originaria parola. Così, per esempio, un Cinese che piange è una lacrima sul riso e l’attentato alle Terme diventa un Fiuggi Fiuggi generale oppure il capo di una rappresentanza diplomatica è un eunuco perché ambasciator non porta pene.
Nel libro di Pagani ne troviamo ben cinquecento e leggendole una dietro l’altra scopriamo che nella rissa accaduta in un istituto di ciechi ci son state botte da orbi, veniamo a conoscenza che il latitante che apre una lavanderia si da alla macchia e – in questa incredibile macedonia di “freddure” – cogliamo la sostanziale differenza con la barzelletta, perché la freddura ha un non so che di nobile, di sofisticato, di intellettualmente elevato che la barzelletta vera e propria non ha. E non solo, la freddura è sdoganabile in qualsiasi contesto o consesso purché chi ascolta abbia il dono dell’intelligenza attiva per poterne cogliere nell’immediatezza il senso; la barzelletta al contrario, è molto spesso sboccata, volgare e quasi sempre non proponibile se non in determinati contesti. Per quanto concerne la freddura, l’importante è riuscire a coglierla: ci lascia a bocca aperta per lo stupore o la meraviglia e, comunque sia, riesce sempre a mettere in moto quell’irriverenza tagliente e perspicace che induce alla benevolenza di un sorriso – senza creare offese o imbarazzo – indirizzandoci alla simpatia e aiutandoci nel difficile mestiere del quotidiano vivere.
Francesco de Masi