“Io basto a me stesso” – Il romanzo di Basilio Petruzza
“Io basto a me stesso” (2016, pp. 162, ed. digitale) di Basilio Petruzza è un romanzo uscito nel 2016 che racconta il tentativo di Filippo di rifarsi una vita dopo dieci anni di coma.
Filippo è un trentenne, ma l’età anagrafica non corrisponde a quella interiore poiché ha trascorso i suoi vent’anni in un letto d’ospedale. L’incidente d’auto che ha provocato il suo lungo sonno è la conseguenza di una guida spericolata e in stato emotivo alterato per la scoperta dell’adulterio della madre. Filippo fatica a rifarsi una vita: il suo passato non gli appartiene più, non ama più De Andrè, non prova più sentimenti per la fidanzata che lo ha aspettato vegliando al suo capezzale, l’amata nonna è morta mentre lui si era preso una pausa dal mondo e la sorellina è diventata una donna che non conosce.
Il romanzo è in parte narrato da un narratore onnisciente e in parte la vicenda è raccontata da Filippo, che ha ricevuto da un terapeuta il compito di scrivere ciò che gli accade in un diario. Il risultato è un flusso di pensieri intimo, malinconico e introspettivo, che mette a nudo la mente di Filippo e le sue sensazioni. “Natale è anche salutare i morti e pretendere che ti stiano ad ascoltare. Tornare a casa e sentire che qualcosa manca. Manca tutto e niente. Niente e tutto. È Natale e si dà l’elemosina alla giovane donna col cartello in mano, appena fuori dal supermercato, “avere tre figli a casa da dare mangiare, aiutare me”. Lei una casa ce l’ha, almeno. Filippo no. Vorrebbe perdersi solo per essere ritrovato. Ma non dai suoi genitori, non dalla sua fidanzata. Ma da qualcuno che gli dica che si è risvegliato nel posto sbagliato. O nel corpo sbagliato. Dieci anni e non riconoscersi più. Dieci anni e fingere che non sia cambiato niente. E forse non è cambiato niente davvero. Io non sono più io, l’ha urlato, ma era da solo in casa. Forse c’era Sabrina, ma ascoltava la sua musica nelle sue cuffie, era distratta. Lei è sempre distratta. O disinteressata. Del resto, suo fratello è mancato per dieci anni. Ora torna e vuole essere ascoltato. Troppo comodo. È sempre troppo facile partire, tornare è complicato.”
I dialoghi non sono introdotti da alcuna frase, ma irrompono quasi brutalmente nel testo interrompendo le riflessioni del protagonista. Le parole dei personaggi appaiono così sospese nel vuoto e di conseguenza risuonano come sentenze: si ha inoltre l’impressione che i dialoghi riportati siano solo una piccola parte delle frasi pronunciate dai personaggi. “E gli occhi si facevano piccoli e lucidi, quando lei non era lì, con il suo sorriso, i suoi ricci e la gonna appena sopra le ginocchia. – Non arrivavi più. – Ma no, ero solo dietro le altre mamme. – Credevo che fosse nata la mia sorellina. – No, tesoro, lei è ancora qui, nel pancione della mamma. – Posso ascoltarla? – Per ora è tranquilla. Ma, appena muoverà i suoi piedini, te la farò sentire. – Mamma… – Dimmi, Filippo. – Mi verrai a prendere a scuola anche quando sarà nata? – Certo. – Tutti i giorni? – Tutti i giorni. Fa un piccolo passo in avanti, Gaia.”
Un elemento molto importante del romanzo è la morale, in quanto Filippo al termine della vicenda apprende delle importanti lezioni di vita. Petruzza ci insegna che non è possibile pianificare ciò che accade nella nostra esistenza: la vita di Filippo è stata interrotta dal coma, Fabio non è potuto diventare avvocato perché ha messo incinta una ragazza e il fidanzato della nonna del protagonista è morto, costringendo la donna a sposare un altro uomo. “Ma non che la vita possa avere più fantasia di chi la abita. Dei peccatori. Delle nonne. Degli scienziati o dei pedoni distratti. Ecco cosa potrebbe dirle La vita a volte ha più fantasia di noi.” Filippo ha, inoltre, imparato che tutti gli esseri umani commettono degli sbagli: sua madre ha tradito il marito, la sorella Sabrina si è innamorata del migliore amico del protagonista e Fabio è un donnaiolo che trascura la famiglia. Ciò che conta è perdonare e soprattutto perdonarsi, perché anche Filippo ha commesso degli errori. L’opera ha uno stile semplice ma tratta temi importanti. Petruzza induce alla riflessione e al pianto, ma sono lacrime che fanno bene all’anima.
Valeria Vite