INTERVISTA A TINDARO GRANATA – DA GRANDE VOGLIO FARE L’ATTORE!
Il nostro meraviglioso Tindaro! Torni a Roma dopo 20 anni che hai lasciato la Sicilia e torni con “Antropolaroid”, la saga di una famiglia siciliana, in qualche modo della tua, dove da solo interpreti i vari personaggi che appartengono a questo nucleo di origine: i tuoi bisnonni, i tuoi nonni, i tuoi genitori, la divertentissima zia Peppina e altri ancora. Uno spettacolo che in qualche modo ti racconta e ti presenta. Che effetto ti fa?
Allora… io sono molto emozionato, così come ero molto emozionato il 7 maggio, al debutto all’Off Off Theatre, perché prima di entrare in scena mi è tornato in mente cosa mi dicevo, prima di partire, quando ero in Sicilia venti anni fa, cosa speravo e cosa immaginavo. Io immaginavo di diventare famosissimo e che avrei girato non so quanti film. Mi dicevo: arriverò un domani a Roma ed entrerò in un posto dove la gente mi farà domande sui film che ho girato. Non è così ovviamente, ma sono molto felice di questo: del ricordo del bambino che ero: ingenuo, che sperava sognava e credeva che arrivare a Roma significasse tutto questo. Invece ti rendi conto che è tutto diverso. Poi, c’è un altro motivo per cui oggi sono molto emozionato. Il pensiero di aver lasciato la Sicilia ed essere arrivato qui vent’anni fa e di essere ritornato qui ora dopo vent’anni, però da uomo maturo, quarantenne, con tante cose che sono passate dalla vita. Ecco, questo fa un certo effetto…
Riesci a guardarti da un’altra prospettiva…
Proprio così, ti vedi da un’altra prospettiva. Vedi in te quella parte che ormai non c’è più, che è morta. Il tuo essere un po’ più bambino. Però allo stesso tempo ti vai a chiedere: c’è qualcosa ancora di puro, di bello. C’è?
Sì c’è! perché noi lo vediamo nel tuo spettacolo…
Ecco, se devo pensare cosa è che mi rende felice di questi vent’anni, ti posso dire che non sono riuscito a ottenere tutto ciò che desideravo, ma quello che mi è arrivato è di gran lunga più importante, più significativo e profondo di quello che io mi aspettavo… per cui sono felice. Faccio un lavoro che sognavo di fare, i miei stanno tutti in salute, ho una casa, mangio tutti i dolci che voglio, faccio tutte le camminate che voglio, ho tre gatti che mi fanno le fusa, cucino per gli amici, mia mamma mi fa il pane nel forno a legna (quando vado a trovarla), ho il mio pubblico… sono felice mediamente felice.
Perché, come vediamo in “Antropolarioid”, questo segue la tua stella, con le parole della tua bisnonna. Giusto?
Sì, tanta bellezza e tanta fortuna solo se si passa attraverso la sofferenza.
Altrimenti, senza sofferenza, probabilmente non avresti nemmeno goduto di tutto questo…
Brava, ma come nessuno di noi. Facci caso, se tu qualcosa l’hai guadagnata con i sacrifici c’è un gusto, c’è un sapore diverso. C’è un senso nelle cose… oggi si è perso il nostro rapporto con il passato, con la saggezza popolare, con quello che raccontavano i vecchi, con le storie della realtà contadina. Non si ha tempo per ascoltare i vecchi e questo credo che sarà una perdita man mano che si andrà avanti. Il teatro si evolverà come si evolve tutta la vita e il vivere, ma rimarrà un rito, forse l’unico, che ti darà la possibilità di ascoltare storie: di fare esperienza di te attraverso gli altri, di essere specchio di conoscenza della tua anima.
Sono ormai otto anni che porti in scena “Antropolaroid” e ne abbiamo parlato tanto… anche se ci emoziona sempre e ancora tantissimo perché è sempre diverso! Ti accorgi di questo?
Sì, abbiamo superato le 300 repliche! È sempre diverso hai ragione, infatti io so ovviamente cosa devono dire tutti i miei personaggi ma poi si crea sempre quasi un’interazione con il pubblico che a volte risponde alle domande che faccio. E io spero sempre che accadono queste cose perché è bello vedere il pubblico coinvolto. La cosa che piace di questo spettacolo è che, essendo il cunto di origine antica veniva ripetuto più e più volte; mio nonno stesso mi ripeteva sempre la stessa storia, ma col senno di poi ho capito che ogni volta era diversa. Cambiava sempre in base a quello che succedeva intorno, nella vita e io cambio sempre il mio Antropolaroid, in base alla mia vita e a quello che accade nella città in cui lo recito. Grazie a questo sono stato diverse volte nella stessa città, addirittura nello stesso teatro con questo spettacolo.
Alla prima dell’off Off theatre posso dirti che il pubblico era entusiasta ed emozionatissimo. Come vivi questo ritorno che ti dà il pubblico?
Devo dire che io ho una grande dipendenza dal pubblico, leggo tutte le e-mail che gli spettatori mi mandano e cerco sempre di rispondere a tutti e di ricordarmi di tutti. Io con Antropolaroid ho capito che ho questo grande desiderio, questa grande voglia di essere in connessione con il pubblico, la gente, le persone. Ho il desiderio di portare tutti a teatro, di incontrarli attraverso l’arte magica e seduttrice del teatro. Perché penso che il teatro stia perdendo la sua grande funzione di aggregazione sociale, sta diventando una sorta di èlite e io personalmente cerco di non permetterlo e quando posso entro nei posti, nei bar e regalo i biglietti a gente che non conosco e che solitamente non va a teatro. Quindi magari così hanno la possibilità di scoprire che anche a loro il teatro piace decidendo poi di tornarci!
Invece, abbiamo visto da poco sempre a Roma al Teatro Vascello, “La bisbetica domata”. Sei passato da un cast di tanti attori a un monologo in solitaria…
Sì, infatti mi mancano! Questo è stato il mio primo spettacolo, dopo c’è stato “Invidiatemi come io ho invidiato voi”, “Geppetto e Geppetto” e ora “Dedalo e Icaro” che in Puglia ha avuto lunghissimi applausi e mi fa piacere che il pubblico accolga questo lavoro con attenzione, perché parla di una famiglia con un figlio autistico. Ma dopo “Antropolaroid” non ho scritto più monologhi perché ho scoperto che mi piaceva scrivere anche per gli altri e mi piace stare anche con gli altri attori. E mi mancano tutte le persone con cui ho lavorato in questi anni. In molti mi chiedono, come mai non fai un altro monologo… ma io sono molto restio perché non è una cosa semplice se non ho una vera e propria motivazione… e poi c’è da dire che immaginarsi in scena con altri colleghi, amici, è sempre più bello che stare da solo… gli altri sono sempre un buon motivo per scrivere!
Quali sono i progetti futuri? Cosa dobbiamo aspettare con gioia ed entusiasmo?
Allora, l’anno prossimo arriveremo a Roma al Teatro Vascello con “La locandiera”. È una messa in scena con cinque attori e, come ne “La bisbetica domata”, il regista Andrea Chiodi, con il quale ho una particolare sintonia, che ha dato questa volta i ruoli maschili a due donne, che sono Caterina Carpio e Francesca Porrini (meravigliose entrambe), mentre Mirandolina è Mariangela Granelli, che è una Mirandolina straordinaria e il Cavaliere di Riprafratta è Emiliano Masala, bravissimo. Io interpreterò il Marchese di Forlipopoli… e ce ne saranno delle belle, come si suol dire… Poi ci sarà ancora, a maggio 2020, la ripresa di “Ifigenia liberata” per la regia di Carmelo Rifici, che considero un grande artista, un pensatore, lo spettacolo ha avuto molto successo e quest’anno lo riprenderemo all’Elfo Puccini di Milano, poi con la mia compagnia Proxima Res porteremo in scena un testo scritto da Davide Carnevali sulla scomparsa di Majorana, che arriva non a caso perché celebriamo i 10 della nascita di Proxima Res: il testo è molto particolare e debutterà sempre a maggio dell’anno prossimo prodotto dal CTB di Brescia. Invece, altre due cose bellissime saranno uno studio sul Macbeth con la regia di Carmelo Rifici, dove io, Angelo Di Genio e Christian La Rosa faremo tre Macbeth diversi con tre Lady Macbeth diverse. Debuttiamo a gennaio 2020 e poi saremo in tournée coprodotti da ERT e dal Metastasio… Invece, a novembre debutto con lo “Lo Zoo di vetro” di Tennessee Williams al Carcano di Milano, con la regia di Leonardo Lidi, che ha vinto la biennale di Venezia come miglior regista lo scorso anno, con la messa in scena di Spettri, e non vedo l’ora di lavorarci.
Quindi ci vedremo presto e spesso… Ciao Tino e grazie per tutte queste tue belle parole!
Grazie a te e a Modulazioni Temporali!
Marianna Zito