Intervista a Salvatore Maria Ruisi: il disco d’esordio in arrivo, anticipato dai ricordi di vita di “Niente non rimane niente”
“Niente non rimane niente” è il secondo singolo di Salvatore Maria Ruisi, cantautore siciliano, che anticipa il disco d’esordio previsto per la primavera. Questa canzone è stata presentata ad Area Sanremo 2018 e ha portato l’artista alla finalissima. Ha vinto inoltre il contest “Notte rossa Barbera” all’interno del Premio Buscaglione nel 2014. Per andare più a fondo nel percorso artistico di Salvatore, gli abbiamo fatto qualche domanda.
“Niente non rimane niente” è un brano dolce e poetico, quando l’hai scritto e seguendo quale ispirazione?
Il brano l’ho scritto nella primavera del 2018, più o meno quando mia figlia ha compiuto un anno. Ho scavato dentro di me, nei ricordi e in tutte quelle tappe che mi hanno accompagnato durante la vita fino a quel momento. Al testo, a tratti duro ma vero, ho voluto dare un vestito dolce e il riferimento in particolar modo in questo brano è sicuramente Bob Dylan e la dolcezza della sua armonica.
Canti “niente non rimane niente, come un ricordo non vissuto, io vivo l’attimo perduto” a cosa ti riferisci?
“Come un ricordo non vissuto” è quella sensazione che si prova quando ci si osserva nel passato e si ha l’impressione di sentirsi estranei ad un periodo, ad un’immagine diversa di noi stessi al punto da dubitare di aver effettivamente vissuto quel momento. Ogni momento ci cambia facendoci perdere un piccola parte di noi.
“Niente non rimane niente” è anche stato il brano che ti ha portato alla finalissima di Area Sanremo nel 2018, e a quell’anno risale il videoclip, come mai lo riproponi a distanza di tempo?
Lo ripropongo soltanto adesso perché volevo che il brano non rimanesse isolato ma facesse parte di un discorso più ampio e quindi del mio album d’esordio. Il disco, che uscirà in primavera, non sarà una semplice raccolta di canzoni ma sarà, come si usava forse una volta, un concept album dove ogni canzone è un tassello di un puzzle. Per lavorare all’intero disco ho avuto bisogno di tempo e tra l’altro a causa della pandemia ho ritardato tutte le uscite.
Da “Niente non rimane niente” del 2018 a “Gocce” del 2020 come è cambiato Salvatore Maria Ruisi?
Sento di essere sempre lo stesso, l’unica differenza è che ho avuto a disposizione più strumenti per esprimere e lavorare la mia musica. Ho potuto fare cose che prima da solo non riuscivo a fare e avere alle spalle una produzione artistica è stato stimolante e sicuramente una crescita fondamentale nel mio percorso.
In “Gocce” canti “tutto scorre dentro questo pianto tra noi, e tu che vuoi vivere, ma sai che scappare non puoi”, da cosa non si può scappare?
Dalla vita. In “Gocce” tocco molte note dolenti che affrontiamo quotidianamente, sono quelle gocce che giorno dopo giorno, sommate anche alle gocce degli altri, formano il nostro grande pianto, immenso e di tutti come il mare. E da questo mare, che rappresenta la vita stessa, così come rappresento nel videoclip, è impossibile scappare.
In primavera uscirà il tuo primo disco, puoi anticiparci qualcosa?
Nell’album saranno presenti 10 tracce, tra cui “Gocce” e “Niente non rimane niente”. Il titolo non l’ho ancora svelato anche se c’è sempre stato. Vorrei però enunciarlo con la copertina che stiamo realizzando in questi giorni sempre con Alessandro Giglio che ha già curato la regia dei miei videoclip. Le tracce sono state prodotte presso gli Indigo Studios di Palermo e mi sono avvalso della produzione artistica di Fabio Rizzo e Donato Di Trapani, due musicisti che stimo molto e che sono stati fondamentali e di grande stimolo anche al di fuori delle registrazioni. Credo che l’album non sia soltanto il frutto di ciò che avviene davanti ad un mixer in studio ma anche di tutto ciò che succede attorno e in questo senso, con loro sono stato davvero bene, ho imparato tanto e spero nel mio piccolo di aver dato a loro anche una piccola parte di me. Un grande contributo poi lo hanno dato anche i musicisti, in particolare Peppe Bisconti con i suoi preziosi consigli nella revisione dei brani prima di entrare in studio. Lui è presente anche nei cori e poi ho avuto la fortuna di suonare assieme ad altri due grandi amici e musicisti come Ferdinando Piccoli alla batteria e Carmelo Drago al basso, che con la loro professionalità hanno dato un apporto non indifferente.
Gli anni dell’università a Pisa ti hanno portato a far uscire la tua vena cantautorale, che musica ti ha ispirato?
Sono cresciuto fin da piccolo con l’ascolto dei cantautori italiani. Era la musica che ascoltavano i miei genitori e ancora oggi mi piace con loro condividere ascolti e nuove scoperte di vecchie canzoni. Ho imparato a suonare la chitarra con l’aiuto di mio padre, riproducendo quelli che erano appunto i nostri ascolti. Nel periodo universitario poi, ho approfondito le mie conoscenze sconfinando nell’infinito mondo di Bob Dylan e della musica folk americana. Anche le letture di alcuni libri di quel periodo sono state fondamentali. A tutto questo si aggiunge che ho sempre nutrito il desiderio di scrivere, fin dai tempi della scuola dove usavo il diario o i miei banchi per riversare tutti i miei pensieri e tutto quello che avevo dentro. Col tempo quei pensieri e quelle parole, appuntate ovunque, sono diventate le mie canzoni.
Roberta Usardi
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