Intervista a Roberta Zanzonico, autrice del romanzo “La bellezza rimasta”
La signora Chiara abita a Filaccione, un paese in cui tutti si conoscono. La signora Chiara soffre di una malattia che le ha sgretolato la memoria degli ultimi dieci anni, quindi, non ricorda nulla di quello che è successo in quel lasso di tempo, ma ricorda benissimo quello che è successo prima. La sua vita ha un presente che non lascia traccia, ma un passato che ha lasciato profondi solchi. Quando il signor Morbidelli, in un momento di profondo sconforto, viene a sapere della malattia della signora Chiara, va a trovarla, per rivangare un passato felice, per poterlo rivivere ogni giorno, dimenticandosi dei problemi del presente. Gradualmente, anche altri del paese fanno la stessa cosa, tanto da fare la fila fuori dalla casa della signora Chiara, ognuno ad aspettare il proprio momento di “ritorno al passato felice”. La signora Chiara è ignara di tutto questo, e accoglie ogni giorno ciascuno di loro con il sorriso, in un ciclo continuo che sembra essere l’ancora di salvezza di molti. Ma quanto può durare questo aggrapparsi al passato?
Questa, in breve, la trama di “La bellezza rimasta” (Morellini editore, 2022, pp. 143, euro 14,90) di Roberta Zanzonico, psichiatra e Clinical Instructor presso la UCLA. Questo romanzo ha una grande intensità e porta in sé diverse lezioni di vita. Per saperne di più, abbiamo fatto qualche domanda all’autrice.
Innanzitutto cosa l’ha spinta a scrivere romanzi e racconti e poi, in particolare, a scrivere la storia della signora Chiara, protagonista di “La bellezza rimasta”?
Scrivo da quando sono bambina. Scrivere mi aiuta a elaborare il mondo intorno a me e condividerlo con gli altri. Tramite le mie storie, spero di far sentire il lettore compreso, consolato, così come è successo a me leggendo alcuni romanzi. Con “La bellezza rimasta” volevo scrivere un romanzo sulla nostalgia, sul passato idealizzato, una prigione che a volte non ci permette di vivere il presente. Penso che in molti possano rispecchiarsi nei personaggi che tramite vie diverse cercano un altrove dove la vita sia ancora gentile.
La vicenda si svolge nel paese di Filaccione: dove si trova nel suo immaginario?
Immaginavo un paesino di pescatori che a piano a piano è assomigliato sempre di più a Gaeta, un paese a me caro.
Il sottotitolo del romanzo è “Quando l’oblio porta la felicità”, ma la vicenda della signora Chiara va ben oltre, porta un messaggio prezioso a chi legge, una specie di morale. In che misura l’oblio porta davvero alla felicità?
In realtà l’oblio porta solo un’illusione di felicità. I personaggi si ritrovano a vivere effimeri momenti di gioia, ma si scoprono presto fantasmi della loro stessa vita. Capiscono che la fuga verso il passato, verso l’oblio, ha levato loro la possibilità di un futuro. L’oblio è quindi una trappola, che di certo non porta alla felicità sperata.
Nel romanzo un solo personaggio è riuscito ad andarsene via, cambiando completamente vita. Crede che sia davvero possibile salvarsi da soli, come ha fatto questo personaggio?
Noi non sappiamo se ci sia riuscito, lo speriamo, ma rimane una domanda aperta. Mentre lui se ne va, c’è però un altro personaggio che suggerisce che non esiste un luogo geografico dove la vita non delude, che andarsene via non sia alla fine un modo per salvarsi, e che forse la vera salvezza non è nella fuga dalla realtà ma nel saper accettare la vita così com’è, con le sue dolcezze e asprezze. Non credo si possa arrivare a questa forma di accettazione senza il confronto con gli altri, e allo stesso tempo penso sia un percorso personale fatto anche di solitudine.
Ha già in mente idee per un nuovo romanzo?
Ne ho alcune. Per esempio, mi piacerebbe raccontare la vita della donna che scrive la lettera frammista nel romanzo.
Roberta Usardi