Intervista a Alberto Vescovi: il processo creativo di un Cosmonauta nel doppio EP in piano solo
Il 12 marzo è uscito il progetto concettuale “Universe” di Alberto Vescovi, pianista contemporaneo originario di Dolo (VE). Si tratta di due EP “Cosmonauta” e “Cinque Da Oort” che costituiscono un concept: la narrazione del processo creativo attraverso la passeggiata di un Cosmonauta in uno spazio sconfinato e intimo allo stesso tempo. Alberto Vescovi ha iniziato a studiare pianoforte nel 1987 fino al 1995; si prende poi una pausa per sperimentare altri strumenti e far parte di band punk e progressive. Nel 2006 si dedica alla produzione di musica elettronica e riprende a studiare pianoforte. Da quel momento dirompe la sua ossessione per questo strumento. Nel 2018 pubblica il primo disco “Solo in sogno”. “Il progetto “Universe” è stato registrato in parte in studio e in parte a casa durante il periodo di lockdown del 2020.
Il progetto concettuale “Universe” avviene attraverso i due EP “Cosmonauta” e “Cinque Da Oort” e il concept del Cosmonauta che rappresenta il processo creativo. Cosa hai scoperto al termine del percorso e come mai l’hai suddiviso in due parti?
Ciao! È stato un bel viaggio lavorare al progetto “Universe”, ed è stato un viaggio che mi ha portato a scoprire qualcosa in più di me, soprattutto da un punto di vista di compositivo. A differenza del mio primo lavoro “Solo in sogno” ho lavorato con maggiore attenzione alla struttura dei brani, cercando di dare maggiore discorsività nell’esposizione dei temi. La divisione del disco in 2 EP è stata dettata dal fatto che il progetto inizialmente comprendeva soltanto l’EP “Cosmonauta”. Dopo una prima sessione di registrazione estremamente infruttuosa a Novembre 2019 e preso un po’ dalla rabbia (per aver suonato male) avevo deciso di prendere qualche mese per studiare i brani. È stato in questa fase che le 5 melodie di Oort hanno preso forma e dato che il concept di Cosmonauta era già ben definito ho deciso di raccoglierle in un secondo EP.
I brani del secondo EP “Cinque da Oort” portano il titolo di figure femminili appartenenti alla mitologia: Vesta, Niobe, Minerva, Ebe, Tisbe. Come mai questa scelta al femminile e il riferimento alla Nube di Oort?
È vero, sono tutti nomi della mitologia, ma gli stessi nomi sono stati utilizzati dagli scienziati per catalogare gli asteroidi. Per il nome (non me ne vogliano gli astronomi) mi sono preso una piccola licenza poetica, visto che gli asteroidi provengono da quella regione dello Spazio identificata come “Fascia principale” e non dalla “Nube di Oort”. “Cinque dalla fascia principale” però non suonava molto bene, così ho fatto fare un’orbita un po’ più ampia agli asteroidi.
Il Cosmonauta è un tuo alter ego?
Probabilmente sì, anche se non l’avevo mai pensato in questi termini.
Il pianoforte è diventato la tua ossessione dopo una pausa di undici anni in cui hai sperimentato chitarra, basso e batteria e suonato in diversi gruppi. Cosa ti dà il pianoforte rispetto agli altri strumenti e cosa ti ha portato a scegliere il percorso solista?
Sicuramente attraverso il pianoforte riesco ad esprimere meglio le mie emozioni. Inoltre il suono del pianoforte mi ha sempre affascinato fin da piccolissimo, ma non avevo mai pensato ad un percorso solista. Inizialmente mi sarebbe piaciuto formare un trio jazz.
Hai pubblicato il tuo primo disco in piano solo “Solo in sogno” a febbraio 2018, tre anni dopo torni con questo disco, come ti senti cambiato a livello sonoro e compositivo?
Dal punto di vista sonoro cerco di avere più pulizia nel suono (tocco, fraseggio, dinamiche ecc) e anche se sono migliorato parecchio c’è ancora moltissima strada da fare. Per quanto riguarda la composizione invece, cerco di dare maggiore struttura ai brani arricchendoli dal punto di vista armonico, ma anche qui la strada da fare è ancora molta.
Hai intenzione di fare dei concerti o presentazioni in streaming del disco?
Al momento no, ma non lo escludo per il futuro.
Quali pianisti contemporanei ascolti?
Mi piacciono molto Yann Tiersenn, Nils Frahm, Olafur Arnalds, Dino Rubino, gli immensi Stefano Bollani, Brad Mehldau, Keith Jarret, Chilly Gonzales.
Dato che ti occupi anche di produzione di musica elettronica, hai mai pensato di unirla al pianoforte per le tue composizioni?
Assolutamente sì. È da un po’ di tempo che sperimento la commistione piano/elettronica ma non sono ancora arrivato ad una esposizione coesa dei due mondi. Gestire da solo sintetizzatori, sequencer e pianoforte non è facile e richiede molta organizzazione e idee chiare. Il problema principale che sto riscontrando riguarda lo sviluppo discorsivo dei brani, ma ci sto lavorando con costanza e spero di riuscire a pubblicare qualcosa verso Settembre.
Roberta Usardi
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